Pecoraro Scanio: “Sull’acqua basta sprechi”

Parla l’ex ministro Pecoraro Scanio: "Più accumulo nei bacini e tutela della risorsa idrica. Non usare l'acqua potabile per le piscine".

Pecoraro Scanio: “Sull’acqua basta sprechi”

Alfonso Pecoraro Scanio, ex ministro e presidente della Fondazione UniVerde, in occasione del convegno ‘Agricoltura e risorse idriche: le sfide dell’emergenza climatica’ si parla della crisi idrica: come si può affrontare?
“Bisogna innanzitutto avere un approccio multifunzionale al tema della risorsa idrica, che riguarda varie cose: la prima è la tutela della risorsa, con l’attenzione alle falde. Poi c’è un grande tema che è quello di migliorare la capacità di accumulo dei bacini da una parte e dall’altra la riduzione dello spreco idrico, sia per gli acquedotti sia per gli usi impropri. Per esempio una parte industriale può usare facilmente l’acqua di riciclo invece di quella potabile. Bisogna recuperare la gestione integrata della risorsa idrica, dobbiamo imparare a preservarla. Presenteremo anche le best practice delle nostre imprese che dimostrano la grande capacità dell’Italia, che ha molta acqua, ma è altrettanto vero che è un Paese che ha grande bisogno di tutelare questa risorsa e abbiamo la tecnologia per farlo”.

In Italia abbiamo già vissuto l’emergenza siccità lo scorso anno e negli scorsi mesi: cosa bisogna fare per evitare che si ripeta quest’anno?
“Per quanto riguarda la siccità, gli interventi emergenziali sono quelli che riguardano un uso più razionale della risorsa, non ci sono altre cose da poter fare. Mentre gli interventi di lungo periodo sono più importanti. Da un lato devi considerare le cose che puoi fare, come migliorare rapidamente la capacità di trattenere l’acqua. E in Italia ci sono tante capacità, pensiamo che nelle nostre isole minori abbiamo una tradizione per cui ci sono cisterne sotto le case. Serve un sistema di tutela e gestione efficace. Per esempio è mai possibile riempire le piscine con l’acqua potabile? Bisogna avere un piano che preveda per il giardinaggio e le piscine di non usare acqua potabile, ma acqua di recupero. Ma servono anche diversi sistemi di utilizzo delle acque domestiche, non possiamo usare l’acqua potabile per gli sciacquoni”.

E cosa si può fare?
“Ci sono molte cose che si possono fare, tanti interventi e diverse possibilità: dal riduttore di acqua vicino al rubinetto, perché non c’è bisogno di un getto fortissimo per lavare i piatti, agli usi razionali per evitare lo spreco. Dipende anche dal sistema educativo, ma questo non solo durante l’emergenza. Si può fare”.
La risorsa idrica è centrale anche per l’agricoltura, qual è la situazione in Italia rispetto ad altri Paesi?
“Intanto bisogna considerare che i Paesi sono diversi, le nostre aziende agricole hanno dimensioni più piccole. Poi la situazione è molto eterogenea, a seconda dei vari consorzi di bonifica, che gestiscono l’acqua dedicata a canali e agricoltura: in alcuni casi abbiamo livelli di alta efficienza, in altri c’è bisogno di sostegno. Ci sono condizioni diverse. E poi bisogna fare molta attenzione al fatto che noi, in Italia, sull’acqua abbiamo fatto un referendum nel 2011, chiedendo che l’acqua fosse un bene comune: c’è grande sensibilità sul tema, ma deve essere gestita nell’interesse della collettività. In Italia è molto accentuato questo effetto, in Francia invece c’è stato un grande processo di privatizzazione, ora sono nella fase inversa e di nuovo si stanno interrogando sulla necessità di rendere pubblica l’acqua”.

In Italia, dopo il referendum, cosa è successo? Qual è il sistema tra pubblico e privato e quanto realmente funziona?
“In Italia il sistema è misto, questo in contraddizione con la decisione del popolo. In Italia la situazione è a macchia di leopardo, ci sono zone in cui il pubblico funziona, zone in cui ci sono privati che devono fare grandi miglioramenti e non hanno fatto investimenti perché preferiscono guadagnare invece che investire. In Italia abbiamo alcune realtà pubbliche che vanno bene e altri privati che vengono attaccati dai cittadini”.

In Italia uno dei problemi è quello delle perdite alla rete idrica, qual è la situazione sotto questo punto di vista?
“Sulla perdita delle reti dobbiamo ricordarci che l’acqua potabile è solo una parte dell’acqua. Negli acquedotti ci sono sistemi di rilevazione delle perdite più efficaci del passato e ci sono possibilità di intervento maggiori che in passato. Dipende molto da zona a zona, ci sono gruppi – nel senso di aziende che gestiscono la rete – che hanno fatto interventi validi, altri più arretrati, ma tutti si stanno muovendo. Ci sono sprechi enormi, ma ricordiamo che è molto più economico e conveniente sistemare acquedotti e bacini di raccolta invece di ricorrere ai dissalatori”.

Al convegno partecipano anche esponenti del governo, quali sono le richieste che farete all’esecutivo?
“Ci sono due temi. Uno deriva dalla presentazione del XIII Rapporto ‘Gli italiani e l’agricoltura’, dal quale emerge che l’85% degli italiani ritiene importante l’agricoltura multifunzionale, il 70% pensa che l’agricoltura abbia effetti positivi sull’ambiente e invece il 63% si dice contrario alle carni sintetiche e il 73% agli Ogm. L’altra questione riguarda il Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche. Su questi dati ci baseremo e, in particolare, la richiesta che facciamo al governo è, per esempio, quella di fare in modo che ci sia una governance del sistema acqua efficace. Una governance che non riguarda soltanto il tema del commissario per la siccità, ma anche altri temi come quelli riguardanti le alluvioni e la gestione delle risorse. Come è evidente sulla base del rapporto, è essenziale la cooperazione tra le istituzioni e per questo diremo alla ministra per la Semplificazione, Elisabetta Casellati, che si può fare un grande lavoro per semplificare le azioni e favorire anche le nuove best practice di cui parliamo, perché in Italia abbiamo imprese che fanno cose egregie”.