Per i giudici la dignità del gentil sesso resta in vendita. Alemanno aveva fatto rimuovere i manifesti del marchio Francomina, ritenuti non rispettosi dei diritti delle donne. Ma il Tar ha bocciato l’ordinanza

di Clemente Pistilli

Ferve il dibattito innescato dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, infuriata per alcune sue false foto diffuse tramite internet e decisa a combattere per la tutela della dignità della donna, limitando anche l’uso del corpo femminile nella pubblicità. Tra il dire e il fare però ce ne passa ed ecco che l’intervento del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, proprio su manifesti pubblicitari ritenuti lesivi della dignità del gentil sesso è stato bocciato su tutta la linea dal Tar.
Era settembre del 2011 quando esplose il caso. Nell’Urbe comparvero manifesti giganti con cui veniva pubblicizzato il marchio di abbigliamento femminile “Fracomina”. Erano ritratte ragazze ammiccanti e i messaggi sulle immagini erano di tale tenore: “Sono Eva, mi piacciano le mele e non cedo alle tentazioni”, “Sono Maria, non sono vergine ma ho una forte spiritualità”, “Sono Maddalena, faccio la escort e non sono una ragazza facile”. Per Alemanno un’iniziativa che calpestava la dignità delle donne e offendeva la sensibilità religiosa. Il sindaco emise un’ordinanza, imponendo la rimozione di quei manifesti giganti e specificando che si trattava di “un’intollerabile affermazione di pregiudizi culturali e di stereotipi sociali fondati sulla discriminazione di genere e sul credo religioso. Intervenne anche l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Carlo Giovanardi. “Un atto più degno del Comune di Teheran che del Comune di Roma”, replicò l’amministratore delegato della “Pfcmna spa”, titolare del marchio “Fracomina”, Ferdinando Prisco, che fece ricorso al Tar del Lazio.
Il Tribunale amministrativo sospese subito l’ordinanza e ora ha emesso la sentenza, annullando il provvedimento preso da Alemanno e ordinando al Campidoglio di pagare le spese legali alla società ricorrente. La “Pfcmna”, nel ricorso, ha specificato che con quei manifesti intendeva promuovere i propri prodotti con “messaggi che si prefiggevano lo scopo di combattere alcuni stereotipi formatisi nel tessuto sociale, rappresentando una figura femminile pronta a sfatare molti luoghi comuni”.
Per i giudici sono diversi i limiti all’emissione di un’ordinanza come quella firmata dal sindaco di Roma. Tali iniziative possono essere prese per eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, ma l’Amministrazione deve accertare che sussiste un pericolo effettivo grave ed imminente.
I manifesti fatti rimuovere da Alemanno, per il Tar del Lazio, non appaiono una “minaccia alla pubblica sicurezza e all’incolumità urbana”. “Si può non condividere il messaggio che trasmettono – hanno specificato i giudici nella sentenza – ma indubbiamente diventa difficile sostenere che producono un effetto di immediata messa in pericolo dell’incolumità dei cittadini”. La battaglia della presidente Boldrini appare tutta in salita.