Per il divorzio lampo il giudice non serve più

di Virginia Piccolillo per Il Corriere della Sera

Separazioni e divorzi consensuali «alla francese»: senza passare davanti al giudice. È senza precedenti la misura annunciata ieri alla Camera dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che potrebbe prendere corpo «nell’immediato», nell’ambito di una riforma del processo civile mirata a sveltirlo, abbattendo l’arretrato. Nell’audizione sulle linee programmatiche del suo governo, il Guardasigilli l’ha annoverata tra «la riduzione del contenzioso civile attraverso la possibilità del trasferimento in sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria» e «la promozione, in sede stragiudiziale, di procedure alternative».

Ma di cosa si tratta? Orlando l’ha anticipata così: «Vogliamo introdurre la procedura di negoziazione assistita da un avvocato, rifacendoci all’esperienza francese: una procedura cogestita dagli avvocati delle parti e volta, con il loro apporto professionale, al raggiungimento di un accordo conciliativo che, da un lato, eviti il giudizio e, dall’altro, consenta la rapida formazione di un titolo esecutivo». «Questo istituto — ha specificato Orlando — si potrà poi valorizzare fortemente con riguardo alle separazioni e ai divorzi consensuali, prevedendo che l’accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell’intervento giurisdizionale». Insomma una procedura «fast» da applicare con un unico limite: «I casi di presenza di figli minori o portatori di grave handicap». In passato si era ipotizzato più volte di ridurre i tempi delle separazioni e dei divorzi. L’ultimo progetto bipartisan di Alessandra Moretti (Pd) e Luca D’Alessandro (Fi), prevedeva di abbattere i tempi del divorzio a un anno. Ma tutte le riforme prevedevano la presenza di un giudice. Il provvedimento potrebbe arrivare a breve con un disegno di legge, o addirittura per decreto, perché lo smaltimento dell’arretrato civile è stato inserito dal Guardasigilli tra le quattro emergenze da affrontare subito «per bonificare il campo». Ancor prima di porre mano a una riforma organica della giustizia che dovrebbe arrivare a giugno e che potrebbe prevedere interventi anche sul Consiglio superiore della magistratura. «È opportuna una riflessione sul sistema elettorale del Csm, per assicurare la sua piena neutralità e impermeabilità rispetto a interessi di parte e logiche di carattere corporativo», ha detto Orlando precisando di aver raccolto «la sollecitazione del vicepresidente del Csm Michele Vietti». Nell’ambito di una riforma mirata ad armonizzare l’ordinamento delle magistrature, con l’ipotesi di introdurre un sistema disciplinare unitario.

 

Ora però, ha spiegato Orlando, occorre fronteggiare le emergenze. Il sovraffollamento delle carceri, da combattere entro il termine di fine maggio imposto dalla Corte di Strasburgo (si pensa ad alternative alla detenzione, sviluppo degli istituti per le detenute madri, convenzioni con le Regioni per i tossicodipendenti ed edilizia carceraria, più un «correttivo normativo» per chi si è rivolto a Strasburgo). La riorganizzazione del personale amministrativo, che ha carenze anche del 45%. La lotta alla criminalità organizzata da inasprire introducendo con un ddl apposito pene più severe, misure patrimoniali e una legge sull’autoriciclaggio. E, appunto, la riforma della giustizia civile, che ha detto il ministro, «è pronta». Misure che saranno accompagnate dall’avvio al 30 giugno del processo telematico. Un piano da attuare sentendo tutti i soggetti interessati, avvocati e magistrati in primis. Una dichiarazione di intenti che ha raccolto il placet dell’avvocatura. Ma, ha precisato il ministro, «resta fermo che il momento della decisione non può essere ostaggio delle pressioni corporative».