Per l’immigrazione clandestina paghiamo un costo disumano. Ma le “politiche del rifiuto” sono un fallimento

di Astrid Nausicaa Maragò

Le risorse stanziate dall’Italia per porre un freno all’immigrazione irregolare sono altissime, ma gli obiettivi delle “politiche del rifiuto” sono ancora ben lontani dall’essere raggiunti.
A far luce sull’inefficienza delle scelte adottate dal nostro Paese in tema di flussi migratori irregolari è un rapporto pubblicato dall’associazione Lunaria, che dal 1992 si occupa di promozione sociale senza fini di lucro. Lo studio, intitolato “Costi disumani”, mette in evidenza che dal 2005 al 2012 l’immigrazione è andata a gravare sui conti pubblici, tra risorse nazionali e fondi comunitari, per più di un miliardo e 600 milioni. Soldi pubblici, questi, spesi in burocrazia, assistenza, sistemi di sorveglianza e di identificazione, controlli alle frontiere, gestione dei centri di accoglienza, espulsioni e rimpatri. Ma i risultati, secondo quanto illustrato nella ricerca, sarebbero limitati e fallimentari rispetto al programma iniziale.

Il conto salato
Solo per finanziare i controlli alle frontiere esterne sono stati impiegati ben 331,8 milioni di euro, mentre 111 milioni sono serviti all’acquisto di nuove tecnologie e sistemi di identificazione e comunicazione nell’ambito del programma “Pon Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno”. Altri 60,7 milioni di euro sono stati stanziati nell’ambito del Fondo Europeo per i Rimpatri, e oltre un miliardo di euro è stato impegnato per l’allestimento, il funzionamento, la gestione e la manutenzione di Cie, Cpsa, Cda e Cara. E ancora, 151 milioni di euro sono stati utilizzati per finanziare i progetti di cooperazione con i paesi terzi in materia di immigrazione. La cifra stanziata in totale, nonostante la frammentarietà delle fonti di finanziamento, è stata stimata dall’associazione per una quota pari a un miliardo e 668 milioni di euro. Di questi, un miliardo e 300 milioni provengono dalle tasche dello Stato italiano, mentre i restanti 281 milioni provengono da fondi dell’Unione Europea.

I risultati
I sostanziosi investimenti effettuati per bloccare l’immigrazione clandestina hanno portato però a risultati limitati.
Tra il 2005 e il 2011, infatti, le autorità di pubblica sicurezza hanno rintracciato 540.389 migranti in posizione irregolare sul suolo del nostro Paese. Ma considerato l’elevato numero delle domande presentate in occasione dei provvedimenti finalizzati all’emersione del lavoro nero (oltre 134mila nel 2012), è lecito pensare che l’Italia ha continuato a ospitare migliaia di cittadini stranieri privi di titolo di soggiorno.

Respingimenti e rimpatri
Tra il 2005 e il 2011 ben 73.563 persone giunte in Italia clandestinamente sono state sottoposte a respingimento, mentre gli allontanamenti volontari hanno interessato 141.020 persone. Ma nello stesso tempo addirittura 325.806 clandestini non hanno ottemperato all’ordine di allontanamento.
Complessivamente quindi, solo il 39,7% del totale degli irregolari rintracciati è stato di fatto espulso dal nostro Paese. E la percentuale è salita fino al 53,4% nel 2011, nonostante vi sia stato un eccezionale dispiegamento di forze in concomitanza con la cosiddetta “emergenza Nord-Africa”.

Le associazioni per i diritti umani lamentano la mancanza di trasparenza nella gestione del sistema e chiedono da tempo la riduzione della permanenza dei clandestini nei Cie e la progressiva chiusura di questi centri per i casi di gravi violazioni dei diritti dei migranti. La proposta è quella di sostituire le attuali politiche repressive rendendo più agevole l’ingresso e incentivando quindi il soggiorno regolare in Italia.
Alla luce di questi dati, la necessità di una riforma si fa pressante. Anche in nome della spending review.

@astridnausicaa