Per risparmiare si compra male e così cresce lo spreco alimentare. Il caro vita spinge ad acquistare i prodotti in scadenza, quest’anno butteremo cibo per 13 miliardi di euro

Per risparmiare si compra male e così cresce lo spreco alimentare. Il caro vita spinge ad acquistare i prodotti in scadenza

Per risparmiare si compra male e così cresce lo spreco alimentare. Il caro vita spinge ad acquistare i prodotti in scadenza, quest’anno butteremo cibo per 13 miliardi di euro

Non è affatto vero che l’aumento della povertà e il calo del potere d’acquisto a causa dell’inflazione si traducano in un utilizzo più attento dei beni alimentari. I consumatori spinti ad acquistare i prodotti più vicini alla scadenza, e dunque offerti a un prezzo più basso, poi non riescono a esaurirli in tempo, e così anche nel nostro Paese risale lo spreco alimentare.

Secondo il Rapporto “Il caso Italia” dell’Osservatorio Waste Watcher International, pubblicato in vista dell’undicesima Giornata nazionale per la prevenzione dello spreco alimentare, in programma lunedì prossimo, nelle case si passa da 75 grammi di cibo buttato ogni giorno a testa nel 2023, a quasi 81 grammi nel 2024, in pratica oltre mezzo chilo (566,3 grammi). Si tratta dell’8,05% di spreco in più rispetto a un anno fa, per un costo l’anno a famiglia di 290 euro e di 126 euro procapite.

QUANTO BEN DI DIO

Il Rapporto svela che si spreca di più nelle città e nei grandi Comuni (+ 8%) e meno nei piccoli centri, e a buttare più cibo sono le famiglie senza figli (+ 3%) e i consumatori a basso potere d’acquisto (+17%); un fenomeno più accentuato al Sud (+ 4% rispetto alla media nazionale) e meno a Nord (- 6%).

Conti alla mano lo spreco complessivo di cibo in Italia vale oltre 13 miliardi: un dato vertiginoso che include quello domestico, che incide per quasi 7,5 miliardi, quello nella distribuzione di quasi 4 miliardi, oltre allo spreco in campo e nell’industria, molto più contenuto.

PAGANO I POVERI

Ma la questione dello spreco di cibo è legata all’allarme sociale: chi si dichiara povero mangia peggio e spreca di più (+17%), al contrario di quanto affermato in un’uscita poco felice dal ministro dell’Agricoltura e sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida. Infatti, l’effetto prolungato dell’inflazione abbassa il potere d’acquisto e indirizza chi ha meno risorse economiche verso cibo di peggiore qualità e più facilmente deteriorabile.

Un consumatore su due cerca cibo a ridosso delle scadenze per risparmiare, il 41% sceglie il discount a scapito del negozio, il 77% ha intaccato i risparmi per fare fronte al costo della vita, il 28% ha tagliato ulteriormente il budget per la spesa alimentare.

COSTI PER SANITÀ E AMBIENTE

“Sono dati che dobbiamo attenzionare con cura – ha detto il direttore scientifico di Waste Watcher, Andrea Segrè – perché ci permettono di evidenziare la stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale da un lato e ricaduta sociale dall’altro, fra potere d’acquisto in calo costante e conseguenti scelte dei consumatori che non vanno purtroppo in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale.

Se in un primo momento l’effetto inflazione ha portato a misurare con decisione gli sprechi, prolungata nel tempo ha costretto i cittadini all’adozione di nuove abitudini ‘low cost’ per fronteggiare la crisi. Scegliere cibo scadente, meno salutare e spesso di facile deterioramento non comporta solo un aumento del cibo sprecato in pattumiera, ma anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare. Se la salute nasce a tavola, dal cibo scadente deriva l’aggravio dei costi sociali e ambientali. In definitiva: da poveri mangiamo e stiamo peggio, e sprechiamo persino di più. E questo circolo vizioso si riverbera sull’ambiente”.

di Riccardo Giardino