Intervenuto a un convegno organizzato dall’Ania, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha detto che le banche e le assicurazioni non possono essere considerate alla stregua di “mucche da mungere”. Ma bisognerebbe far notare al leader di Forza Italia che non lo dovrebbero essere neanche i cittadini e le imprese.
Invece le destre hanno finora continuato a spremere lavoratori dipendenti e pensionati e a strozzare il sistema produttivo italiano con zero politiche sugli investimenti e con una sforbiciata massiccia agli incentivi.
Pressione fiscale record con la cura Meloni
Non si spiega altrimenti una pressione fiscale che con la cura Meloni è arrivata alle stelle e che ha toccato livelli record: mai così alta negli ultimi dieci anni. Dal 2022 – arrivo delle destre a Palazzo Chigi – le entrate totali e la pressione fiscale sono aumentate di 1 punto e 1,3 punti percentuali di Pil. Quest’anno siamo arrivati a 42,8% a fronte del 42,5 del 2024. E l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani stima un ulteriore aumento al 42,9% nel 2027.
Nel mirino ci sono tutta una selva di imposte messe dal governo in questi tre anni e una serie di interventi che sembrano ancora una volta premiare i furbetti del fisco e scaricare i costi di rottamazioni, leggi condoni, sulle spalle di chi le tasse le paga regolarmente.
Le opposizioni rinfacciano all’esecutivo di aver munto cittadini e imprese
Le opposizioni lo rinfacciano apertamente all’esecutivo. “Non avete munto nessuno se non i cittadini onesti e le imprese”, ha dichiarato il capogruppo M5S al Senato, Stefano Patuanelli.
“L’espressione usata da Tajani è profondamente infelice. A essere munti in questi anni non sono stati certo le banche o le assicurazioni, ma le famiglie italiane che hanno visto impennarsi i mutui, i prestiti e i costi delle polizze. Dal 2022 gli istituti di credito hanno accumulato 130 miliardi di euro di extraprofitti grazie all’aumento dei tassi, soldi presi direttamente dalle tasche dei cittadini. Altro che mucche da mungere: le banche e le assicurazioni non sono vittime, ma beneficiarie di una crisi che ha impoverito milioni di persone”, ha incalzato Angelo Bonelli di Avs.
La lunga scia di tasse del governo Meloni
È lungo l’elenco delle tasse che il governo Meloni in tre anni ha aumentato. Il M5S le ha raccolte in un libro. Dall’aumento delle accise sul gasolio – mentre è stata tradita la promessa di abolire quelle sulla benzina – a quello sui prodotti dell’infanzia (pannolini e latte in polvere) – e assorbenti. Dall’innalzamento della cedolare secca sugli affitti brevi all’inasprimento delle accise sulle sigarette.
Lunga la serie di stop alle agevolazioni per le imprese. Dall’abolizione dell’Ace al blocco delle agevolazioni fiscali per l’acquisto degli immobili a più alta efficienza energetica, dalla sforbiciata delle aliquote dei crediti d’imposta Transizione 4.0 con ritorno ai superammortamenti alla riduzione o depotenziamento di 15 agevolazioni fiscali edilizie.
Col fiscal drag 25 miliardi di tasse in tre anni
Per non parlare del fiscal drag. In questi ultimi tre anni dipendenti e pensionati hanno pagato più di 25 miliardi di tasse che non dovevano pagare, semplicemente perché c’è il meccanismo del drenaggio fiscale. Altro che come diceva Giorgia Meloni la pressione fiscale è aumentata perché c’è più gente che lavora.
E pensare che le destre hanno vinto le elezioni anche presentandosi – Forza Italia in testa – come coloro che avrebbero tagliato le tasse.
La rottamazione a carico di chi paga le tasse
Sempre rimanendo in tema di fisco, urla vendetta l’ultima rottamazione inserita in Manovra. Il gettito previsto dalla quinta sanatoria voluta dalla Lega porterà all’erario 9 miliardi di euro tra il 2026 e il 2036. Ma in questo arco di tempo, l’impatto complessivo sulla riscossione ordinaria sarà negativo di quasi 800 milioni. Vale a dire che questo ammanco graverà sui contribuenti onesti che le tasse le hanno sempre pagate.
Il macigno dell’evasione
Che le destre manchino di pudore nel varare questi provvedimenti ce lo testimoniano anche i dati sull’evasione che dovrebbero far riflettere sull’opportunità di condoni. Nel 2023 più del 10% del Prodotto interno lordo italiano è stato frutto dell’economia sommersa e illegale che sfugge al fisco e che ha ripreso a crescere. Come ha certificato l’Istat nel suo ultimo report di qualche giorno fa.
Il valore aggiunto di questa economia, “non osservata”, si è attestato infatti a 217,5 miliardi di euro con un aumento di 15,1 miliardi (+ 7,5%) rispetto al 2022 (quando era 202,4 miliardi), cifra che ha portato la quota di Pil generato da attività sommerse o illegali da 10,1 al 10,2% (nel 2023 il Pil dell’Italia è stato di 2.142,602 miliardi).
La parte più rilevante della fetta di valore aggiunto è generato dall’economia sommersa che da sola, nel 2023, ha prodotto valore aggiunto per 197,6 miliardi (pari a 9,2% sul Pil).