Petrolio acquistato dall’Isis. Sospetti sulla Saras dei Moratti. Greggio a prezzi stracciati e denaro al Califfato. Inchiesta dell’antiterrorismo a Cagliari: due indagati

Sulla Saras della famiglia Moratti è calata un’ombra pesantissima. L’Antiterrorismo di Cagliari sospetta che la società abbia fatto affari con l’Isis, contrabbandando greggio, potendo così piazzare il prodotto a prezzi vantaggiosi e permettendo all’organizzazione islamica di ottenere denaro con cui finanziare attività criminali. Un’inchiesta con al centro la raffineria di Sarroch, in Sardegna, in cui sono stati ipotizzati i reati di riciclaggio, falso e reati fiscali e in cui sono indagati i vertici aziendali, Franco Balsamo, già manager del gruppo Montedison, e Marco Schiavetti, ingegnere con un passato in Olivetti.

IL PUNTO. La raffineria sarda è una delle più grandi in Europa e delle più avanzate per quanto riguarda la complessità degli impianti. La Direzione distrettuale antiterrorismo di Cagliari sta indagando da cinque anni sul presunto traffico di petrolio. Il caso è però esploso dopo che, nei giorni scorsi, sono state compiute dalla Guardia di finanza delle perquisizioni nelle sedi della società presieduta da Massimo Moratti, a Sarroch e a Milano, dove gli investigatori hanno raccolto 18 quintali di documenti. I pubblici ministeri Danilo Tronci e Guido Pani sospettano che siano arrivati nella raffineria sarda barili provenienti dallo stato islamico, partiti dall’Iraq e passati dalla Turchia, e che il greggio sia stato acquistati a prezzi estremamente convenienti.

La parte più delicata dell’inchiesta risulta però ancora contro ignoti e ipotizza appunto un finanziamento all’organizzazione terroristica jiadista nel 2015. I finanzieri stanno così anche scandagliando i viaggi di alcune navi della britannica Petraco Oil Company, arrivate a Sarroch nel 2016, con acquisti di prodotti da società delle Isole Vergini. Ipotesi smentite però dalla società. “Respingiamo fermamente ogni associazione del nome della società al contrabbando di petrolio e di carburante, in quanto del tutto priva di fondamento e lesiva della immagine propria e dei collaboratori del gruppo”, hanno fatto sapere, aggiungendo di essere comunque a piena disposizione della magistratura. E vicinanza all’azienda è stata espressa dal presidente di FederPetroli, Michele Marsiglia, ricordando che nel 2015 fu la stessa federazione ad escludere qualsiasi rapporto tra depositi e raffinerie italiane con il Daesh ed altre organizzazioni non ufficiali e terroristiche.

L’ALTRA GRANA
L’impianto è però costretto anche a fare i conti con il dramma della cassa integrazione per 1.300 lavoratori a causa del trend negativo del comparto petrolifero. “Lo stato di crisi alla Saras? E’ una bomba sociale: bisogna convocare subito un tavolo in Regione”, ha dichiarato Michele Ciusa, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle. “Oltre ai dipendenti interni – ha aggiunto l’esponente pentastellato – questa notizia interessa le sorti di tutti quei lavoratori impiegati mediante le ditte aggiudicatarie degli appalti”. Ciusa ha poi specificato di volerci vedere chiaro considerando che la Saras ha lanciato un piano di investimenti che prevedeva una spesa di 650 milioni di euro sino al 2109. “Sono sufficienti alcuni mesi di crisi per mettere in ginocchio un colosso del petrolio a livello mondiale? La Regione ha il dovere di vigilare su quanto sta accadendo”, ha insistito il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle. A Piazza Affari intanto ieri il titolo della società controllata per il 40% dalla famiglia Moratti ha subito un calo del 7,6% a 0,48 euro.