Philae, missione compiuta

di Paolo Angeletti

Per la prima volta, una sonda interplanetaria è riuscita ad atterrare sul nucleo di una cometa. Il tutto per andare a studiare in modo assai più dettagliato rispetto alle precedenti missioni, le caratteristiche, ancora piuttosto misteriose, di questi corpi celesti. La missione Rosetta dell’Agenzia spaziale europea (Esa) ha raggiunto il più spettacolare e ambizioso dei suoi obiettivi. E, dopo lunghissimi momenti di tensione, l’atterraggio è stato accompagnato da un grande applauso, abbracci e strette di mano nel centro di controllo dell’Esa in Germania, l’Esoc, a Darmstadt. Dalla superficie della cometa il lander, Philae ha inviato il segnale alla sonda Rosetta che lo ha ritrasmesso a Terra. Nonostante tutti i timori, la discesa è andata bene e l’antenna era correttamente rivolta verso l’alto.

IL SEGNALE
Il segnale di Philae è arrivato dopo una lunga sequenza di manovre durate quasi sette ore, durante le quali il lander si è sganciato dalla sonda principale e ha raggiunto in modo automatico il nucleo cometario. Una discesa preparata nei minimi particolari ma comunque rischiosa. Le immagini e i dati raccolti da Philae saranno preziosissimi per capire la struttura e composizione del nucleo delle comete. Con un po’ di fortuna, il piccolo lander continuerà a operare fino alla prossima primavera, facendo una cronaca dettagliata dei cambiamenti della cometa man mano che si avvicina al Sole. La lunga giornata di Rosetta è iniziata nella notte tra l’11 e il 12 novembre, quando il team dell’Esoc ha verificato l’orbita della sonda e inviato i comandi finali per la discesa. Verifiche necessarie dal momento che la sonda si trovava a più di 500 milioni di chilometri dalla Terra e ogni comando inviato da Terra impiegava circa 28 minuti per coprire questa distanza. Ciò significa che non è stato possibile guidare “in diretta” il lander (che è sceso in maniera automatica).

I CONTROLLI
Dopo una serie di controlli condotti durante la notte e la prima mattinata, alle 10.03 italiane del 12 novembre il team dell’Esa ha ricevuto la conferma di avvenuto distacco. Sono così iniziate le sette ore più lunghe di tutta la missione, durante le quali gli scienziati hanno atteso i continui aggiornamenti dal lander in discesa sulla cometa. La discesa è stata resa ancora più complicata da un problema riscontrato nelle fasi di verifica, legato ai razzi di stabilizzazione di Philae, fondamentali per l’atterraggio. Dato il basso campo gravitazionale del nucleo, uno dei rischi principali era che un impatto troppo violento potesse far rimbalzare il lander verso lo Spazio. Per questo motivo il team ha fatto affidamento sugli arpioni di Philae che hanno permesso di ancorare il lander al nucleo. Durante la discesa, il lander ha iniziato a inviare le prime immagini, riprese dagli strumenti Civa e Rolis. Il tutto fino al momento decisivo del contatto. E ora che ha raggiunto 67P/Churyumov-Gerasimenko per Philae inizia il lavoro vero e proprio.