Elisabetta Piccolotti, con un passato di attivismo civico e politico che l’ha vista sin dagli anni studenteschi impegnarsi nella sua Umbria, oggi è deputata per Alleanza Verdi Sinistra. Siede nella Commissione Antimafia, oltre che in quella Cultura, Scienza e Istruzione.
Onorevole Piccolotti, da qualche giorno è partita la Global Sumud Flotilla e il 4 settembre salperà una seconda flotta. La più grande iniziativa indipendente sinora avviata per portare aiuti umanitari ai civili intrappolati nella striscia di Gaza. La società civile interviene laddove la politica resta immobile?
“È la società civile a salvare l’onore di Paesi come il nostro, mentre le Governo e ministri si rifugiano in condanne di facciata e restano immobili davanti al genocidio in corso. In Italia, da un lato c’è il popolo che scende in piazza, raccoglie aiuti, si organizza per cambiare le cose; dall’altro c’è il Governo, che insieme a Germania e Ungheria, ha posto il veto persino alle modeste sanzioni contro Israele proposte dai paesi del Nord Europa, con la Danimarca in prima fila, nella riunione dei ministri degli Esteri dell’UE. Così facendo il nostro Paese rende ancor più evidente la sua complicità con i crimini perpetrati da Benjamin Nethanyahu”.
Israele è una democrazia, la Russia no. Ma è un dato di fatto che i governi di questi paesi stiano continuando a uccidere civili in mondovisione. Riesce difficile comprendere perché nel caso russo siano adottate sanzioni come strumento di pressione, mentre per Israele no. Come mai? E come dovrebbe agire l’Europa?
“Iniziamo col dire che Israele ha gravi problemi di democrazia da quando è guidato dall’estrema destra di Netanyahu. Penso all’episodio del deputato Ofer Cassif allontanato con la forza dalla Knesset, la Camera israeliana, per aver osato parlate di genocidio, o della riforma che mira a limitare il potere giudiziario portata avanti da Nethanyahu nel 2023, o ancora alla tolleranza nei confronti delle violenze dei coloni israeliani in Cisgiordania. Sia la Russia che Israele stanno compiendo massacri di civili sotto gli occhi del mondo. Eppure il cosiddetto Occidente applica due pesi e due misure: per cercare di fermare la Russia sono state messe in campo sanzioni economiche e azioni militari, per salvare i Palestinesi dal genocidio messo in atto da Israele invece non è stato fatto assolutamente nulla. Anche in Europa si sono limitati al massimo a qualche dichiarazione di condanna. La ragione è politica: Israele è un alleato strategico degli Stati Uniti e dell’Ue e le sue aziende sono legate alle intelligence dei governi occidentali, viene quindi protetto anche di fronte a crimini evidenti. Ma se l’Europa vuole uscire dalla sua palese irrilevanza geopolitica dovrebbe prima di tutto riaffermare con credibilità la propria visione del mondo, quella nata dopo la Seconda Guerra Mondiale e fondata sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Non basta una generica indignazione, se non seguono azioni coerenti nemmeno di fronte ad un genocidio, allora quel che resta è solo una vergognosa patina di ipocrisia che delegittima l’intera Unione Europea. Sospendere il trattato Ue-Israele e la cooperazione militare, bloccare la vendita di armi, applicare sanzioni mirate e fare pressione diplomatica per il cessate il fuoco e per il riconoscimento pieno dei diritti del popolo palestinese: sono scelte che andavano fatte già molti mesi fa”.
I conflitti internazionali assieme alle sfide commerciali lanciate da Trump mettono a dura prova l’Europa. Che ruolo sta giocando l’Italia in queste dinamiche internazionali? Chiederete al governo di renderne conto in Parlamento?
“L’Italia sta svolgendo il ruolo di servo sciocco di Donald Trump. Persino l’ex commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, aveva invitato a non piegarsi alle pressioni degli Stati Uniti, ma Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni hanno scelto la via opposta: cedere ai diktat per cercare di ammansire Trump. Il risultato è paradossale: i ministri del Governo Meloni celebrano l’intesa come un presunto “trionfo internazionale”, ma nello stesso momento preparano misure d’emergenza per arginare l’impatto dei dazi americani sulle aziende italiane. Misure che graveranno per miliardi di euro sulle tasche dei contribuenti e che sono state accettate senza nemmeno ricambiare sul settore dei servizi digitali, quello in cui la bilancia commerciale Usa è in attivo. Dovevano difendere l’Europa e la sua economia, invece stanno lasciando che prevalgano i desiderata di un’internazionale nera, che vuole distruggere il nostro modello. Siamo un problema per decine di autocrati nel mondo, perché, nonostante gli anni dell’austerity e dell’ubriacatura liberista, in Europa esistono ancora forti garanzie democratiche, esistono lo stato di diritto e il welfare, resiste l’idea che debbano essere posti dei limiti all’attività economica privata per tutelare i beni comuni. Il passaggio è epocale, un dibattito pubblico vero sarebbe rivelatore della gravità di quanto sta accadendo e aiuterebbe i cittadini ad averne consapevolezza. Per questo ogni volta che chiediamo di discuterne in Parlamento, Meloni oppone un fermo rifiuto”.
Si avvicinano inoltre le sfide interne autunnali, a partire dalla manovra. Dal palco di Rimini Meloni ha annunciato un “piano casa” per i più giovani. Inoltre, la disoccupazione sembra essere ai minimi storici. Non è contenta?
“Ma davvero c’è qualcosa da festeggiare? Dietro ai numeri sulla disoccupazione si nasconde una realtà fatta di lavori saltuari, instabili e sottopagati. Secondo la Cgil, il 30% degli occupati ha un contratto precario o part-time involontario; tra le donne la quota di lavoro part-time sale addirittura al 30,7% (contro il 6,6% degli uomini). Non si tratta quindi di “scelte di vita”, ma di “scelte obbligate”. Gli stipendi restano al palo, gli unici a non crescere nell’area Ocse da decenni: in termini reali sono calati del 12% in vent’anni, e un giovane under 35 guadagna in media meno di 1.100 euro netti al mese. È un gigantesco problema economico: dopo i dazi di Trump sarebbe necessario far crescere la domanda interna, e invece milioni di famiglie rinunciano e sono costrette a tagliare ogni spesa non indispensabile, dalle vacanze alle cene fuori, fino all’abbigliamento e ai prodotti culturali. Ci sono milioni di persone che rinunciano persino alle visite mediche. Sugli stipendi non hanno fatto nulla, se non il taglio del cuneo fiscale che hanno fatto anche tutti i governi precedenti senza alcun risultato. E sulla casa non è andata meglio: hanno tagliato il fondo per i contributi sull’affitto e non hanno annunciato nessun investimento reale in Edilizia residenziale pubblica. La realtà è molto diversa dai loro annunci: Meloni non esce da Palazzo Chigi da mesi, se non per andare all’estero o ad eventi di organizzazioni vicine al Governo, perché ne è assolutamente consapevole”.
Negli ultimi giorni l’opinione pubblica è stata scossa dalla presenza di siti sessisti. Quali le cause di questo fenomeno e quali le possibili soluzioni?
“Chiudere forum tossici è sacrosanto ma non basta: se ci si limitasse a questo la massa dei comportamenti sessisti si sposteranno altrove. Il problema è culturale e si combatte con educazione, istruzione e politica. Serve insegnare il rispetto dei corpi e delle differenze già a scuola, contrastare il sessismo in ogni luogo di lavoro e di socialità, regolamentare i mercati che speculano sulla trasformazione dei corpi in oggetti e merci, investire in cultura e prevenzione. La liberazione da questa cultura putrida dipende dall’impegno quotidiano di tutte e tutti: non sarà l’istituzione di nuovi reati, sport preferito delle destre, a risolvere alla radice questi problemi”.
Un’ultima domanda sulle regionali. A partire dalle candidature espresse dal campo largo, Avs rischia di recitare il ruolo della comparsa?
“Avs sarà determinante alle regionali e un asse imprescindibile per campo progressista. Stiamo crescendo in tutte le regioni, per numero di attivisti ma anche in termini di qualità. Solo tre anni fa in questo Paese si parlava di scomparsa della sinistra e degli ecologisti, oggi c’è invece chi teme una nostra troppo veloce ascesa. Il tema non è per noi i nomi dei candidati, ma la solidità programmatica della nostra coalizione, che deve stabilizzarsi e lavorare ad una visione comune. Gli accordi ballerini hanno già fallito nella scorsa legislatura: noi di Avs intendiamo rappresentare la garanzia che quegli errori non si ripeteranno e sono tanti i cittadini che lo hanno capito e ci stanno dando la forza elettorale per essere il motore ecologista e sociale di un vero cambiamento, strutturale e non di facciata”.