Caccia alle poltrone in Senato. Guerra per il posto lasciato dalla Finocchiaro: e Verdini torna a sperare

La parola d’ordine è "aspettare". Almeno fino al pronunciamento della Consulta, atteso per il 24 gennaio. Poi sarà scelto il sostituto di Anna Finocchiaro.

La parola d’ordine è “aspettare”. Almeno fino al pronunciamento della Corte Costituzionale sull’Italicum, atteso per il 24 gennaio. Poi sarà scelto il sostituto di Anna Finocchiaro, nominata ministro per i Rapporti con il Parlamento del Governo Gentiloni, alla guida della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Una casella fondamentale, l’unica – insieme a quella (tutto sommato ininfluente) di vicepresidente d’Aula lasciata libera da Valeria Fedeli (Pd) – ancora da riempire dopo il terremoto provocato dalla vittoria del No al referendum dello scorso 4 dicembre. Soprattutto in vista del varo della nuova legge elettorale, su cui i partiti viaggiano ancora in ordine sparso. Nei corridoi di Palazzo circola con insistenza una rosa di nomi, ma non è detto che alla fine, come spesso capita ai tempi del renzismo, venga scelto un outsider. Al momento, in pole position c’è Vannino Chiti, ex ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento del secondo Governo Prodi.

Stop and go – Però c’è un problema. E cioè che Chiti è attualmente presidente di un’altra commissione, quella sulle Politiche dell’Unione europea (la 14esima). Il trasloco potrebbe certamente avvenire, il regolamento non lo vieta. Ma, ragionavano ieri a Palazzo Madama fonti del Pd, l’ex ministro rischia di rimanere “vittima” dello scontro in atto fra le correnti dem proprio sul sistema di voto che sostituirà l’Italicum. Perché all’interno della commissione Affari costituzionali buona parte dei componenti targati Pd (Gotor, Lo Moro, Migliavacca) sono di area bersaniana. Qual è il punto? Chiti si è schierato per il Sì al ddl Boschi, prefigurando “scenari preoccupanti” in caso di vittoria del No. Una posizione che, ovviamente, cozza contro quella assunta al tempo dai seguaci dell’ex segretario. “E poi – spiegavano ancora ieri dall’interno del Pd – c’è un altro rischio, cioè quello di scatenare un effetto domino che alla fine rischierebbe solo di farci perdere la presidenza della quattordicesima commissione”. Che la presidenza possa quindi finire in mano ad esponenti di altre forze politiche? “Renzi non lo permetterà mai”, spiegava sempre ieri un senatore di maggioranza. Ecco perché la soluzione di compromesso potrebbe essere quella di appoggiare la candidatura di due “renziani” doc che già siedono in commissione: Roberto Cociancich e Stefano Collina (con il primo che parte nettamente in vantaggio).

L’outsider – “Roberto è l’ex capo scout di Renzi: per l’ex premier sarebbe perfetto, per noi un po’ meno”, è il commento di un esponente dell’opposizione. Il nome di Cociancich, inoltre, è legato all’“emendamento canguro” che il 1° ottobre 2015 fece decadere tutte le proposte di modifica all’articolo 1 del ddl Boschi. Insomma, sarebbe il profilo perfetto. Riccardo Mazzoni, vicecapogruppo al Senato dei verdiniani di Ala, invece, si piazza per ora dietro a tutti gli altri. Chissà però che alla fine, in nome di un ritrovato feeling fra Renzi e Verdini, complice proprio la legge elettorale, l’ultimo non diventi primo.