Uno spettro si aggira per le TV: lo spettro del murgismo. Il murgismo è un populismo bloggettaro che non ha bisogno di prove per giudicare perché costituisce una categoria kantiana a priori. Il murgismo è populismo rosa, una vulvocrazia suprematista della peggior specie, che sforna frasi fatte e slogan un tanto al chilo, per gettare la cultura del sospetto. Infatti per la scrittrice sarda c’è “un Grillo in ogni famiglia”.
Frase gravissima e intemerata. Forse ci sarà nella sua, ma non è detto che sia un mostro come lei lo vuole dipingere. Michela Murgia nei media come le formiche nel miele e una volta annusato l’affare in termini di popolarità mediatica si è appiccicata peggio di una vongola ad uno scoglio. Il suo odio per i “maschi” è evidente e apodittico. Per lei hanno sempre torto, indipendentemente dai fatti.
Persone come la Murgia, tra l’altro, oltre a fomentare un clima di intolleranza e di risentimento, nuocciono alla causa femminile perché le vere donne violentate, purtroppo ci sono, ma c’è una bella differenza con altre che “denunciano ad orologeria” come nel caso di #Metoo, magari solo perché un compagno di scuola aveva provato a baciarle 20 anni prima. Catherine Deneuve ha avuto modo di criticare, da donna e attrice, questa cultura del sospetto che sta rovinando i rapporti tra i sessi.
Sta dilagando nel mondo, per colpa del politically correct made in Usa, l’idea che certe classi sociali e a volte minoranze abbiano ragione a prescindere dai fatti. Sta dilagando una ideologia melensa, fatta di luoghi comuni e banalità, alimentata dal fuoco di criptofemministe – sua la bislacca proposta di sostituire Patria con Matria – che ce l’hanno con il mondo intero, magari perché hanno rapporti conflittuali con gli uomini e preferiscono affrontare la cosa dal punto di vista “razzista” e cioè “i maschi sono tutti uguali”, declinato ora nel gravissimo “c’è un Grillo in ogni famiglia”.
La vicenda riguardante il figlio del comico è stata deflagrante per fare emergere, ancora una volta, una visione del mondo poco compatibile con lo stato di diritto. La Murgia ha avuto l’ardire di dire qualche giorno fa dalla Gruber che “siamo immersi all’interno di una cultura che dubita delle parole di una donna che dice di essere stata stuprata”. Allora che ci stanno a fare i tribunali e i processi? “Basta la parola!”, come diceva una réclame di tanti anni fa di un noto lassativo…