Poveri, umiliati e stremati. I sindacati, in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere, denunciano le condizioni di estrema precarietà in cui la categoria si trova ad operare. “La nostra professione è diventata una condanna, altro che vocazione”, dice Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up.
Un quadro fatto di insostenibilità economica, aggressioni e sfiducia, che ha portato a oltre 20mila dimissioni volontarie in soli 9 mesi del 2024, +170% rispetto al 2023. Un esodo che ha il proprio fulcro nei lavoratori meridionali emigrati al Nord, che ora tornano a casa perché impossibilitati a vivere con affitti che assorbono quasi il totale degli stipendi da 1500/1600 euro al mese.
Sono 130mila gli infermieri aggrediti ogni anno, e nei primi 3 mesi il 2025 ha registrato un aumento del 30%. “Oltre due anni e mezzo di legislatura e ancora nulla di concreto è stato portato a termine per gli infermieri”, afferma in una nota il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega.
Mancano 65mila unità in tutta Italia
Gli infermieri attualmente attivi in Italia sono circa 400.000, su 460.000 iscritti all’Ordine. Tra questi, ci sono 50.000 liberi professionisti, ma la maggior parte lavora nel sistema pubblico e in quello privato accreditato. Secondo la Ragioneria dello Stato, si stima una carenza di 65.000 unità in tutta Italia, di cui circa 30.000 previste dal PNRR per l’assistenza territoriale.
A questo si aggiunge anche l’andamento della cosiddetta “gobba pensionistica”, ovvero gli infermieri che andranno in pensione: “Abbiamo stimato, dal 2023 al 2033, circa 110.000 uscite”, spiega Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI). Se l’Italia è “in coda alla classifica Ocse” sulla media degli infermieri rispetto agli abitanti, “va ancora peggio in alcune regioni come Sicilia e Lombardia, in grande affanno”.
In affanno Lombardia, Sicilia e Campania
I dati del Conto Annuale mostrano una media nazionale di 4,79, superata principalmente da Regioni del Centro-Nord come Liguria (6,3), Emilia-Romagna (6,25) e Friuli-Venezia Giulia (6,13). Al contrario, Regioni come Lombardia (3,53), Sicilia (3,54) e Campania (3,57) si trovano agli ultimi posti. Aumentano gli stranieri. Al 30 aprile 2025 sono 43.600 gli infermieri stranieri presenti in Italia, di cui 26.600 iscritti regolarmente all’albo professionale. Un aumento del 47,3% dal 2020.
Aumentano gli infermieri stranieri
Secondo un’indagine di Amsi, Umem, Co-mai, Usem e Movimento Uniti per unire, in collaborazione con Aisc News, le principali comunità infermieristiche straniere in Italia provengono da Romania (12mila), Polonia, Albania, India e Perù, con una presenza significativa in Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Campania. “Stipendi troppo bassi, aggressioni in aumento, turni massacranti per coprire le 65mila assenze di personale, molti che finiscono in burnout, la sindrome da esaurimento professionale. È così che tanti infermieri, i migliori professionisti e i nostri giovani, scelgono sempre più di gettare la spugna per andare a lavorare nel privato o all’estero per essere giustamente valorizzati e avere un giusto stipendio”, dichiara il leader M5S, Giuseppe Conte che chiede fatti e non promesse.
Il leader del M5S, Conte: servono fatti non promesse
“A queste categorie – prosegue l’ex premier – dopo la pandemia, avevamo tutti promesso che avremmo fatto di più per loro, per essere stati in trincea nei momenti più difficili. Al governo e alla maggioranza diciamo di ascoltare anziché osteggiare le nostre proposte: oltre agli urgenti aumenti salariali, bisogna inserire il lavoro degli infermieri fra i lavori usuranti ai fini pensionistici, incrementare i presidi delle forze dell’ordine all’interno degli ospedali. È difficile che possano cambiare le cose con chi porta la Sanità al minimo di investimenti rispetto al Pil degli ultimi 17 anni e tiene al palo le assunzioni”.