Povero Mattarella, le vere consultazioni le fa Renzi. La soluzione di compromesso nel Pd è Gentiloni. Ma Draghi rilancia Padoan

Sergio Mattarella si sorbisce i peones mentre il premier dimissionario, Matteo Renzi, gli scippa le consultazioni che contano

Giornata di doppie consultazioni quella che si è chiusa ieri. I colloqui, infatti, non sono andati in scena solo al Quirinale, ma anche a Palazzo Chigi. Girandola di incontri pure per il premier dimissionario, Matteo Renzi che ha ricevuto, per ben due volte nella stessa giornata il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Ma il numero uno della Farnesina non è stato il solo a varcare la soglia di Palazzo Chigi. Pure il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è stato della partita, complice anche la tegola della Bce che ha stroncato un aumento di capitale per Mps. Oltre alla ministra delle riforme Maria Elena Boschi, al titolare dell’Agricoltura Maurizio Martina e a quello della Cultura, Dario Fransceschini.

Altro che Pontassieve– Ma Mps a parte, è fin troppo evidente quale sia la vera preoccupazione di Renzi adesso e cioè poter pilotare la sua successione. E, quindi, riuscire davvero a consegnare col sorriso sulle labbra, come ha detto nei giorni scorsi, la campanella a chi prenderà il suo posto. Tra gli obiettivi del presidente del Consiglio non c’è neanche lontanamente quello di ritirarsi a Pontassieve. La vera mira è tornare in scena, passata la burrasca. Di certo non nel 2018, a conclusione naturale della legislatura. Il premier uscente i calcoli li ha già belli e fatti. E in questi rientra innanzitutto il voto al più presto possibile. Ma nel suo piano comincia a prendere sempre più forma pure il profilo del traghettatore. Di una personalità come Gentiloni, dato in ascesa appunto nelle quotazioni per Palazzo Chigi. Il titolare della Farnesina risponderebbe meglio di tutti alle esigenze renziane. Una persona non ingombrante, in grado di traghettare il Paese verso nuove elezioni. Senza affezionarsi troppo al ruolo e senza truppe in grado di ostacolare, poi, le mosse del capo. Perché Renzi vuole continuare a essere il vero manovratore. Senza logorarsi, però. E da qui discende, almeno per ora, la sua scarsa propensione ad accettare un eventuale nuovo incarico. Il rischio di farsi rosolare a fuoco lento è troppo alto. Meglio, quindi, avere a Palazzo Chigi un altro che sbrighi gli affari correnti e soprattutto sbrogli la matassa della legge elettorale.

Sigillo sugli incarichi – C’è un’altra partita importante, però, che sta a cuore a Renzi ed è quella delle nomine. Un affaire centrale che, a maggior ragione con un Gentiloni in sella, sarebbe più facile da pilotare. Ancora meglio, però, nei desiderata di Matteo, se a seguirlo da vicino ci fossero quattro occhi, anzichè due. Ed è qui che entra in gioco un altro soggetto. Questa volta, però, di diretta espressione del giglio magico. Se c’è una persona, infatti, di cui il quasi ex inquilino di Palazzo Chigi si fida quella è Luca Lotti. Che potrebbe essere voce e orecchie del rottamatore. Fermo restando, tuttavia, che occorrerebbe pure un uomo fidato al Mef, d’accordo sul mantenere in stallo la partita delle nomine. Da rimandare di certo non sine die. Solo fino a nuove elezioni. Quelle che Renzi punta a vincere.

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