Povertà, il Sud è condannato. Occupati a livello del 1977. La questione Meridionale tradita dalla politica. Rispetto alla Sicilia la Grecia è un Paese virtuoso

Ci vorranno generazioni e almeno alcuni decenni per agganciare il Sud Italia alla crescita media del Paese. Intere regioni tradite, con un prezzo altissimo fatto pagare in passato e uno più alto ancora da far pagare in futuro. Cattiva politica, corruzione, criminalità, ma soprattutto scelte economiche poco lungimiranti o addirittura assenti hanno desertificato il Mezzogiorno d’Italia. E adesso gli ultimi dati impietosi sulle condizioni in cui è ridotto – tutt’altro che una novità – certificano l’eterno disastro Sud. A fare l’autopsia è lo Svimez, uno dei tanti centri per lo sviluppo che avrebbe dovuto chiudere anni fa insieme a molti altri carrozzoni. Rimasto come centro studi, da qui esce l’ultimo rapporto sull’economia del Mezzogiorno. E lo scenario è terrificante. Se negli ultimi tre anni in Italia sono 390mila in più le famiglie assolutamente povere, il 37,8% di queste risiedono al Sud, contro il 34,4% del Centro-Nord.

GENERAZIONI INGANNATE
Ma è la terra di mezzo, quella a metà tra povertà e sopravvivenza che è sempre più stretta. Al 18% della popolazione italiana esposta oggi complessivamente al rischio povertà, non corrisponde una distribuzione armonica sul territorio nazionale. Mentre nel Centro-Nord infatti sono a rischio povertà un nucleo familiare su dieci, al Sud questa proporzione diventa di una famiglia su 3. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%). La povertà assoluta è aumentata al Sud rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord. Nel periodo 2011-2014 al Sud le famiglie assolutamente povere sono cresciute di oltre 190mila nuclei in entrambe le ripartizioni, passando da 511mila a 704mila al Sud e da 570mila a 766mila al Centro-Nord. Un Paese, dunque, più che mai diviso a metà. Diseguale. Dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo, -1,3%, con il divario di Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud che è tornato ai livelli di 15 anni fa.

NON C’È CRESCITA
Una situazione che sembra senza ritorno. D’altra parte chi dovrebbe rimettere in piedi il Mezzogiorno? Le imprese che non ci sono? La burocrazia asfissiante? O la criminalità che da anni reinveste all’estero i proventi delle attività illecite? Il rischio è dunque che il sottosviluppo diventi permanente. Una crisi ciclica dove manca stabilmente la crescita e le opportunità soprattutto per i giovani. E qui lo Svimez fa una scoperta sconvolgente: dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13%: la metà della Grecia che ha segnato +24%. E oltre 40 punti percentuali in meno della media dell’Europa a 28. Di chi è la colpa? Di chi non crea e non consente di creare lavoro. Il numero degli occupati nel Mezzogiorno è tornato infatti a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977.