Prescrizione e processo breve. Per la Cassazione si può fare. Il presidente Mammone teme il boom dei contenziosi. Ma velocizzando i giudizi il problema si risolve

Stai a vedere che qualcuno ci proverà a strumentalizzare le parole del Primo presidente della Cassazione, Giovanni Mammone, sul rischio di un possibile ingolfamento della giustizia italiana, per sparare a zero sulla sospensione della prescrizione e sulla riforma Bonafede. Eppure l’intervento sembra prestarsi a un’interpretazione diametralmente opposta perché, contrariamente a quanto qualcuno in queste ore sta provando a far credere, non c’è alcuna bocciatura sulle norme volute dal governo giallorosso e in particolare dalla sua componente M5S. Piuttosto c’è uno sprono ad andare avanti sulla strada del Cambiamento in cui lo stop alla prescrizione, già realtà, è parte di un progetto più ampio, quello della riforma.

MALI ANTICHI. Durante l’atteso appuntamento per l’inaugurazione dell’anno giudiziario alla Cassazione – davanti alle massime autorità dello Stato, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al premier Giuseppe Conte, dalla presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati al guardasigilli Alfonso Bonafede, fino alla presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia e al vicepresidente del Csm David Ermini – il presidente Mammone ha aperto il suo discorso spiegando che: “A oggi, ovvero nel momento in cui sul dato delle prescrizioni non ha ancora inciso la disciplina della sospensione dopo la sentenza di primo grado, è utile evidenziare quali conseguenze potrebbero derivare da tale innovazione al giudizio di legittimità una volta entrata a regime”.

Qui iniziano le sorprese perché, spiega il giudice: “Accanto a un auspicabile riduzione delle pendenze in grado di appello derivante dall’attesa diminuzione delle impugnazioni meramente dilatorie, si prospetta un incremento del carico di lavoro della Corte di Cassazione di circa 20 – 25mila processi per anno corrispondente al quantitativo medio dei procedimenti che negli ultimi anni si è estinto per prescrizione in secondo grado”. In altri termini, precisa: “Ne deriverebbe un significativo incremento del carico penale, vicino al 50%, che difficilmente potrebbe essere tempestivamente trattato nonostante l’efficienza delle sezioni penali della corte di cassazione, le quali definiscono già attualmente circa 50.000 procedimenti annui”. Parole che, subito, sono state cavalcate dagli oppositori del Movimento che non vedevano l’ora di partire all’attacco sulla prescrizione.

SVOLTA IN VISTA. Peccato che l’intervento di Mammone non fosse finito lì e che, poco dopo, continuava il suo ragionamento dando ragione proprio al governo giallorosso. Secondo lui, infatti, “è auspicabile che intervengano misure legislative in grado di accelerare il processo, in quanto ferma è la convinzione che sia la conformazione stessa del giudizio penale a dilatare oltremodo i tempi processuali” ma, soprattutto, che si lavori anche “sulle fasi dell’indagine e dell’udienza preliminare, in cui si verificano le maggiori criticità che determinano la dispersione dei tempi e la maturazione della prescrizione”. Punti che, guarda caso, sono proprio quelli su cui si sta battendo il guardasigilli Bonafede con il suo progetto di riforma che fa parte.