Primo via libera alle intercettazioni. Giggino ‘a purpetta rischia grosso. Cesaro è indagato per voto di scambio politico-mafioso. Sì dalla Giunta del Senato all’uso delle registrazioni

Primo via libera alle intercettazioni. Giggino ‘a purpetta rischia grosso. Cesaro è indagato per voto di scambio politico-mafioso. Sì dalla Giunta del Senato all’uso delle registrazioni

Si mette male per l’azzurro Giggino ‘a purpetta. La giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama ha dato il primo sostanziale via libera all’utilizzo delle intercettazioni effettuate dai carabinieri del Ros nell’inchiesta dell’Antimafia di Napoli, culminata con 59 arresti eseguiti lo scorso anno, con accuse che vanno dall’associazione mafiosa alla corruzione elettorale, dall’estorsione alla turbata libertà degli incanti, un sistema in cui è considerato coinvolto anche il senatore Luigi Cesaro.

LE INDAGINI. Al centro delle indagini campane vi sono i clan Puca, Verde e Ranucci, che operano a Sant’Antimo e nei Comuni limitrofi. Per gli inquirenti, l’inchiesta ha svelato “una fitta rete di cointeressenze sia in ambito politico sia imprenditoriale”. I tre fratelli del senatore sono stati arrestati e il gip si è riservato la decisione su Cesaro “all’esito dell’eventuale autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni, ritenute rilevanti, secondo la procedura che verrà attivata da questo ufficio”.

Giggino ‘ a purpetta è indagato con le accuse di aver preso parte a un’associazione di tipo mafioso e di scambio elettorale politico-mafioso continuato, relativamente alle elezioni amministrative a Sant’Antimo. Per la Dda, il parlamentare favorì il clan Puca in cambio di appoggio in occasione delle competizioni elettorali, fungendo da interlocutore tra il clan e la politica locale, “turbando lo svolgimento delle competizioni elettorali svoltesi nel Comune di Sant’Antimo dal 2007 in avanti, con l’intervento sulla formazione delle liste, sulla compravendita di voti con la corresponsione di somme di denaro, sull’attribuzione di incarichi di governo o dirigenziali nell’ambito del Comune a persone indicate dal clan”.

Il gip ha quindi chiesto a Palazzo Madama l’ok a poter utilizzare 21 conversazioni intercettate sulle utente di Luigi Vergara, Antimo Cesaro e Francesco Di Lorenzo e a bordo delle auto dello stesso Vergara e di Francesco Di Spirito. In una memoria presentata alla giunta presieduta dal collega Maurizio Gasparri, Cesaro ha definito “sorprendente” e “irragionevole” la tesi del gip secondo cui, nel caso in cui il terzo sia l’obiettivo dell’indagine, la presenza di “contatti col parlamentare, ancorché prevedibili e ripetuti, non può bloccare l’attività captativa”, ma che “il divieto di intercettazione senza autorizzazione della Camera di appartenenza opererebbe nel mero caso di unidirezionalità delle investigazioni”, battendo sul particolare che la legge vieta l’intercettazione anche indiretta.

Per il parlamentare di Forza Italia “sarebbe evidente l’intento persecutorio sotteso alla richiesta dell’autorità giudiziaria”. Il relatore, il senatore renziano Giuseppe Cucca, ha invece ritenuto che le prime quattro telefonate intercettate sull’utenza di Vergara “rivestono, alla stregua di parametri di ragionevolezza e di verosimiglianza, il carattere della fortuità”. Diverso, a suo avviso, invece il caso delle altre intercettazioni. Il senatore Cucca ha inoltre indicato come “sicuramente casuali l’unica intercettazione effettuata a bordo dell’auto di Francesco Di Spirito e l’unica telefonata intercettata sull’utenza di Francesco Di Lorenzo”. Il relatore ha così proposto alla giunta di accogliere la richiesta di autorizzazione all’utilizzo soltanto di parte delle intercettazioni. Sulla vicenda la stessa giunta dovrà tornare a discutere, ma riuscire a evitare di affrontare un processo per Cesaro sembra ormai altamente improbabile.