Procura di Perugia, il Csm si gioca la faccia tra Cantone e Masini. Oggi il voto sui due magistrati. Il primo è avanti, il secondo ha i titoli

Per qualcuno è semplicemente una partita a due, con contrapposti i magistrati Raffaele Cantone e Luca Masini, per la nomina del procuratore capo di Perugia. Eppure la scelta che sarà ufficializzata tra poche ore sembra avere un significato ben più grande con il Consiglio superiore della magistratura che, dopo esser stato travolto dallo scandalo sugli incontri carbonari tra toghe e politici, si gioca una fetta della propria credibilità dovendo scegliere tra il passato e il futuro.

Da un lato c’è Cantone, attualmente in servizio al massimario della Cassazione dopo esser stato dal 2015 al 2019 capo dell’Anticorruzione e che da oltre dieci anni non esercita il ruolo di pubblico ministero, mentre dall’altro c’è Masini che da quattro anni riveste il ruolo di procuratore aggiunto di Salerno e che per mesi ha diretto l’intero ufficio in attesa della nomina del procuratore capo. Insomma due curriculum più che validi ma che presentano una sostanziale differenza ossia che il primo, incredibilmente favorito dopo aver ricevuto tre voti in Commissione a fronte dei due dati al magistrato di Salerno, di fatto non ha ancora maturato alcuna esperienza direttiva in un ufficio giudiziario e che, per giunta, da tempo non esercita la professione.

QUESTIONE DI MERITO. A spiegare quale sia la posta in gioco è stato Piercamillo Davigo, leader della corrente Autonomia & Indipendenza, che con una nota ha spiegato come Masini è “nettamente più titolato in base alla disciplina del Testo unico sulla dirigenza” rispetto all’ex presidente dell’Anac, “sia per aver svolto le funzioni requirenti quasi per il doppio degli anni sia perché in possesso del criterio attitudinale specifico delle pregresse funzioni semidirettive, il cui svolgimento è stato già positivamente valutato dal Consiglio”. Per questo, prosegue la nota, “Riteniamo di voler rimanere coerenti con quanto sostenuto in campagna elettorale, dare prevalenza per gli incarichi direttivi alla qualificata esperienza giudiziaria rispetto alla pur importante esperienza fuori ruolo” e “crediamo che la necessità di riacquistare la credibilità del Csm debba passare necessariamente per la coerenza delle scelte”.

SENZA SCAMPO. A dirla tutta se fosse già in vigore la riforma del Csm, su cui lavora da tempo e con insistenza il guardasigilli Alfonso Bonafede, non ci sarebbe stata partita tra i due candidati. Anzi, venendo meno il meccanismo delle porte girevoli tra politica e magistratura, Cantone non si sarebbe neanche potuto proporre per il ruolo di procuratore capo di Perugia. Questo perché l’ormai imminente riforma introdurrà la regola stringente secondo cui i magistrati che hanno deciso di accettare un incarico lontano dai Palazzi di giustizia, venendo collocati fuori ruolo come accaduto per Cantone che ha ricoperto il ruolo di presidente dell’Anac, non potranno subito andare a occupare uffici di procuratori capo o aggiunto ma sarà costretto ad aspettare due anni per proporsi.