Il Rapporto Caritas 2025, diffuso mercoledì e pressoché ignorato dai giornali, è una clamorosa bocciatura del modo in cui il governo sta affrontando la povertà. Il risultato di anni di propaganda. Non a caso, l’ente confessionale della Cei scrive senza mezzi termini che il passaggio dal Reddito di cittadinanza all’Assegno di inclusione (Adi) “ha rappresentato un notevole passo indietro del sistema di protezione di ultima istanza nel nostro Paese: il numero di beneficiari si è notevolmente ridotto, con ricadute negative sui livelli di povertà e disuguaglianza”, a segnale “del limitato interesse del governo per la lotta alla povertà”. Un’accusa pesante.
A pagare il prezzo più alto di ciò sono state persone con invalidità medio-grave, uomini e donne sopra i 50 anni (spesso soli o separati), persone under 50 senza figli né reti familiari e stranieri. Nel documento, la Caritas mette in fila le cause del fallimento di Adi e Supporto formazione lavoro, rivolto ai cosiddetti “occupabili”. Tra queste c’è la burocrazia. L’organismo ricorda tutti gli ostacoli che una famiglia povera deve superare per richiedere l’Assegno di inclusione, dall’Isee aggiornato all’attestazione di “condizione di svantaggio” per i casi fragili. Alcuni operatori raccontano che “basta un modulo non caricato dall’Asl o un ritardo dell’assistente sociale e una famiglia resta senza nulla per mesi”. Per il Sfl, come testimoniano i numeri (solo 181mila individui coinvolti da settembre 2023 a giugno 2025), va pure peggio. A complicare le cose c’è l’annosa questione dell’inefficienza dei Centri per l’impiego, con le Regioni che, a sei anni di distanza, non hanno ancora completato il Piano di potenziamento adottato nel 2019 dal governo Conte I. Piano con cui, entro il 2021, nei suddetti centri si sarebbero dovuti assumere ben 11.600 nuovi operatori a tempo indeterminato.
“C’è chi riferisce di percettori di Sfl mai chiamati per firmare il Patto di servizio, o convocati dopo mesi di attesa; e c’è chi è stato mandato a fare corsi ‘bizzarri’. Emblematico l’aneddoto citato da un’operatrice che – è scritto nel rapporto – ha riferito che sono stati proposti corsi da bartender a disoccupati cinquantenni, ovvero formazione da barman a persone non più giovani e fuori mercato, senza alcuna prospettiva occupazionale concreta. Altri raccontano di ‘corsi di pasticceria online’, improbabili già solo nella loro descrizione”. Insomma: la realtà è questa. Martedì l’Istat renderà noti i nuovi dati sulla povertà assoluta. Viste le premesse, non c’è da aspettarsi niente di buono.