Prove di dialogo..muto

Di Lapo Mazzei

Le battute del grillino Luigi Di Maio e le risposte piccate del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Dallo “stai sereno presidente” del pentastellato al “non sono un bradipo” opposto dal premier ai 5 Stelle. Insomma, nulla è stato risparmiato al popolo della videocrazia, dissetata a colpi di streaming, anche se la verità non è mai quella che si vede, ma ciò che avviene prima e dopo la diretta. Perché è lì, nei conclavi ristretti di Pd e 5 Stelle, che viene deciso cosa mostrare e cosa tacere. Altro che trasparenza. In fondo gli interessi dei Dem sono gli stessi dei grillini: ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. E così il vertice di ieri fra i due maggiori azionisti del Parlamento si è risolto in novanta minuti di faccia a faccia, senza bisogno di supplementari o rigori. Alla fine Pd e M5S hanno deciso di aggiornarsi ad un prossimo incontro, appena archiviato al Senato il dossier riforme. Con reciproca soddisfazione, a quanto pare.

Nessuna svolta
Renzi ha lasciato la Camera segnalando, come aveva fatto in apertura del tavolo, i “passi avanti” nel confronto con i 5 Stelle che da parte loro non rinunciano a punzecchiare i democrat sul tasto della lentezza, promettendo che non concederanno alibi ma, insomma, senza punte o spigoli. Si chiude così l’atteso confronto, in diretta streaming, tra le due delegazioni su riforme e legge elettorale. E alla fine vi prende parte anche Renzi, che sino a l’altro ieri aveva sostanzialmente escluso la sua partecipazione all’incontro. “Per noi va bene, abbiamo avuto aperture su molti temi. Ad esempio sul ballottaggio. Poi riconoscono che non c’è deriva autoritaria sulla riforma del Senato”, mette all’attivo il premier lasciando Montecitorio. Un incontro “positivo” quello con i 5Stelle, soprattutto per l’atteggiamento di Di Maio e il leader Pd si chiede, però, se il vicepresidente della Camera “li porta tutti con se? Bisogna chiedersi questo”, riferendosi alle diverse anime del partito di Grillo. “Dall’inizio della nostra esistenza”, dice lo stesso vicepresidente M5S della Camera, “abbiamo sempre detto collaboriamo punto su punto con chi ci sta. Sulle preferenze c’è stata un’apertura, che verificheremo eccome. Non siamo assolutamente d’accordo sul loro Senato non elettivo, ciò non vuol dire che non possiamo votare insieme l’abolizione dell’immunità parlamentare e gli altri punti esaminati al tavolo”. Occhi puntati, dunque, sul Senato dalla settimana prossima. “Si vota per l’immunità parlamentare e vediamo se tengono fede agli impegni di fine tavolo”, dice ancora il fedelissimo di Beppe Grillo. Stesso profilo da Di Maio nel corso dell’incontro: “Qui c’è tutta la nostra buona volontà ma dire che vi portate le proposte a casa per approfondire, mi sembra voler temporeggiare… Dal momento che avete le nostre proposte nel carteggio di questa settimana”. “Noi partivamo da un impianto proporzionale, voi da uno maggioritario ma sui tavoli di dialogo si lascia qualcosa e si prende qualcos’altro”. Così il dialogante Di Maio nell’incontro con il Pd. “Fermo restando di garantire un vincitore il giorno dopo le elezioni”, ribadisce, “parliamo delle preferenze ma su questo mi sembra ci sia un po’ di paura”.

Prove di disgelo
“Noi saremo anche questi pericolosi fascisti autoritari, però ti abbiamo eletto vicepresidente della Camera. È possibile, almeno nei lavori parlamentari, avere un tono leggermente diverso dall’insulto?”, gli replica Renzi, tornando sul punto delle accuse di autoritarismo piovute addosso al presidente del Consiglio. “Recuperiamo un pò di civiltà: se per voi piduista non è insulto, per me lo è”, rimarca il premier che risponde per le rime anche quando la delegazione M5S lo accusa, in sostanza, di prendere tempo per prendere ordini da Silvio Berlusconi: “Vede Toninelli, questa è una battuta simpatica, divertente, alla quale potrei rispondere che comanda chi ha i voti… Noi ne abbiamo presi 11 milioni. Quando capita a voi ci fate un fischio…” rintuzza Renzi per invitare a stare al merito delle questioni, “senza tradire intenti polemici” fini a se stessi. “Noi chiudiamo le riforme costituzionali, al massimo, entro 15 giorni”, assicura Renzi aggiungendo che “il giorno dopo siamo pronti a discutere della legge elettorale”. In fondo, dice, “tra la nostra proposta e la vostra non c’è il Rio delle Amazzoni, c’è un ruscello”. E quello di ieri, in fondo, non è stato altro che il valzer del moscerino. Bello a vedersi, ma di una inutilità disarmante.