Prove di tregua fra Cantone e Conte. Ma nel Governo i dubbi restano. Il capo dell’Anticorruzione: no a nuovi poteri e funzioni. E parte la richiesta di non smontare il Codice appalti

Pace fatta, anche senza photo opportunity, tra il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, e Giuseppe Conte

Ha apprezzato il fatto che, per la prima volta, il premier e un bel pezzo di Governo si siano seduti in platea durante la presentazione della Relazione annuale dell’authority. Molto probabilmente, un modo per risanare lo strappo della settimana scorsa, dopo quell’intervento a gamba tesa del neo numero uno di Palazzo Chigi (“in questo momento non abbiamo dall’Anac i risultati che ci attendevamo, forse abbiamo investito troppo”) accolto con “stupore” a via Minghetti. Pace fatta, anche senza photo opportunity, tra il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, e Giuseppe Conte. O almeno un primo tentativo per dare impulso alla necessaria quanto doverosa collaborazione tra i due organismi, Governo e Anticorruzione. I due si sono incontrati prima della presentazione della Relazione, tenutasi ieri mattina al Senato. Un incontro “breve” ma che è andato “benissimo”, ha spiegato Cantone, che nel pomeriggio ha visto la ministra della Pa, Giulia Bongiorno (Lega), e nei giorni scorsi è stato a colloquio con quello dei Trasporti, Danilo Toninelli (M5s). Più loquace Conte. “Ho ascoltato la relazione di Cantone con molta attenzione – l’incipit del premier –. L’Anac ha una funzione importante perché è l’autorità preposta a prevenire e combattere la corruzione nel Paese. I dati sono interessanti: ho apprezzato e condiviso l’attenzione riservata all’istituto del whistleblowing nella prospettiva di una sempre maggiore effettività e di assicurare una sempre maggiore efficacia a questo strumento, che ritengo personalmente molto utile sul piano della prevenzione e del contrasto alla corruzione”. Insomma, la quiete dopo la tempesta.

La corruzione spuzza – Scambio d’amorosi sensi a parte, Cantone ha colto la palla al balzo per mettere qualche paletto. “Non riteniamo che l’Autorità debba essere destinataria di nuovi poteri e funzioni – ha chiarito – ma che sia piuttosto messa in condizione di poter svolgere quelle attribuite”. Proprio a questo proposito, “bisogna rafforzare l’organico” dell’Anac, in deficit rispetto alle sue reali necessità: “Il paradosso è che vi sono le risorse” che “non gravano sul bilancio dello Stato” ma che “non possono essere pienamente utilizzate senza un definitivo sblocco legislativo, di cui segnaliamo, quindi, la necessità”. Un asse, indubbiamente, si è saldato tra Conte e Cantone intorno all’annoso tema della regolamentazione di lobby e fondazioni politiche, per le quali, secondo il magistrato, “sarebbe certamente utile un intervento regolatorio”. Mentre sulla delicata questione degli appalti, sulla quale è recentemente intervenuto il vicepremier Luigi Di Maio (M5s) criticando il Codice che “blocca il Paese perché impedisce gli investimenti”, due anni dopo l’entrata in vigore del nuovo regolamento “non si va nella direzione auspicata con marce indietro e deroghe ad hoc”, la replica del presidente dell’Anac. “La materia ha certamente bisogno di scelte chiare e univoche da parte del nuovo legislatore. In materia di appalti una completa retromarcia rischierebbe di creare una ulteriore fase di fibrillazione con una nuova crisi del settore dal quale, invece, sia pure a fatica, si sta lentamente uscendo”. Infine, un passaggio anche sull’inchiesta ‘Rinascimento’, l’ultimo bubbone scoppiato a Roma sullo stadio. Per Cantone, “un trattato” sul mondo delle relazioni tra lobby e politica in Italia: “Il contesto che emerge è preoccupante soprattutto per la mentalità di certe persone che pensano che tutti i problemi possano essere risolti ‘ungendo’ le ruote”. Il premier, in prima fila, ha preso nota.