Pure l’acqua avvelenata! Ma tutti se ne fregano

di Clemente Pistilli

Si può pure avvelenare l’acqua, ma le discariche non si toccano. Malagrotta è rimasta aperta fino a pochi mesi fa e le pattumiere di Borgo Montello, in provincia di Latina, sono ancora operative. Tutto questo nonostante da anni vi sia più che un dubbio sull’inquinamento delle falde acquifere dovuto a tutti quei rifiuti ammassati in tali siti. Tutti sanno, qualcuno indaga, niente cambia e la politica si gira dall’altra parte.

L’affaire pontino
Il tema dell’ambiente è di quelli che fa scaldare gli animi. C’è chi ci ha costruito una carriera e ottenuto un comodo seggio in Parlamento. Difficile trovare qualcuno che non prometta di tutelare la natura e la salute dei cittadini. Ma le discariche sono più forti. A Latina ci sono alcune delle discariche più grandi e misteriose del Lazio. Sono quelle di Borgo Montello. Le stesse che il pentito di camorra Carmine Schiavone indica come cimitero di fusti tossici dei Casalesi. Tante promesse per eliminare quelle servitù. La realtà è che in via Monfalcone si continuano a scaricare montagne di rifiuti e a fare affari. La politica non ha trovato una soluzione neppure dinanzi alla notizia dell’avvelenamento delle falde acquifere. Almeno questo sostiene il pm Giuseppe Miliano, che da anni sta indagando su quelle discariche e che da tempo ha chiesto il rinvio a giudizio di Bruno Landi, arrestato la scorsa settimana nell’ambito dell’inchiesta sul sistema Cerroni, Vincenzo Rondoni, entrambi ai vertici della Ecoambiente, la società che gestisce il sito dove viene smaltita la spazzatura dei Comuni di Latina, Anzio e Nettuno, e di Nicola Colucci, altro signore dei rifiuti. Ma neppure fare un processo è semplice. Se nessun politico si è sbracciato per fare piena luce sull’inquinamento dell’acqua, che il magistrato sostiene dovuto alla discarica, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Guido Marcelli, da mesi non riesce a pronunciarsi sui tre imputati. Ha incaricato un perito di stabilire cosa è accaduto a Borgo Montello, ma il professionista, dopo aver ottenuto una proroga, all’ultima udienza non si è neppure presentato, e tutto è slittato a febbraio.

Buio su Malagrotta
Una situazione analoga è ora spuntata fuori dall’ultima inchiesta, quella dell’Antimafia di Roma e che appunto ha portato agli arresti della scorsa settimana. Sembra che anche la discarica di Malagrotta abbia inquinato la falda. Il gip Massimo Battistini sostiene nell’ordinanza di custodia cautelare emessa per Cerroni e gli altri che una lettura congiunta delle indagini compiute negli anni sul Supremo ha permesso di accertare che la situazione è “come un fiume che di dipana attraverso mille rivoli, spesso caratterizzati da reati contro la normativa in materia di ambiente e contro la pubblica amministrazione”. Uno è quello sull’avvelenamento dell’acqua. L’ipotesi è emersa in un’indagine del 2009. Gli inquirenti, due anni dopo, avevano chiesto una perizia, ma il giudice per le indagini preliminari l’aveva negata, precisando che la consulenza che aveva fatto compiere la Procura escludeva che quel tipo di inquinamento fosse dovuto a Malagrotta. Molto più probabile che tutto fosse stato causato da qualche industria. L’Antimafia ha però appurato che la consulenza salva-discarica era stata fatta in base ai dati forniti dall’Arpalazio, incaricata dei controlli, e che al vertice dell’agenzia c’era Fabio Ermolli, ora indagato, lo stesso che da una parte controllava e dall’altra incassava denaro come dipendente di Cerroni. Proprio così. Il dirigente lavorava anche come direttore tecnico di una discarica gestita in provincia di Brescia dalla Systema Ambiente srl, società con legale rappresentante e presidente del Consiglio di amministrazione sempre Cerroni. Per il gip Ermolli era così in grado di “pilotare i controlli” su Malagrotta. Anche qui inchieste, sospetti, ma verità lontana sullo stato reale della falda acquifera. Le discariche di rifiuti resistono proprio a tutto. Tante le proteste quando si parla di impianti per bruciare rifiuti. In quel caso si paventano rischi per la salute. Ma altrettanti silenzi quando i rifiuti vengono sotterrati e ci sono elementi più che fondati per ritenere che inquinino l’acqua che bevono i cittadini. Avvelenati e contenti. Non si ottiene nulla nonostante molti siano gli enti incaricati delle verifiche e laute le somme che a tali strutture paga lo Stato. Un affare troppo ricco per essere interrotto da una falda avvelenata. Senza contare che su Latina e Roma ci sono state almeno le indagini, ma sugli altri siti si brancola nel buio. Ora, però, forse il vento è cambiato. Se le manette sono scattate anche per un potente come Cerroni, se ai domiciliari insieme a lui è finito un ex presidente di Regione come Landi, magari i tempi sono maturi pure per evitare di continuare ad avvelenarsi bevendo.