Pure le toghe fanno le riforme e dicono chi va alla Consulta. Lo strano caso di Pitruzzella indagato dopo anni. E che ora ritira la propria candidatura

di Sergio Patti

Chi lo dice che le riforme in questo Paese vanno fatte dalla politica? Anche i magistrati zitti zitti ne stanno facendo una. E non di poco conto. Ovviamente non ci si riferisce all’autoriforma – doverosa – del Consiglio superiore della magistratura, diventato la camera di compensazione degli equilibri correntizi delle varie associazioni delle toghe. La vera partita si gioca oggi sulla Corte Costituzionale, il massimo organo giudiziario del Paese, la quale inevitabilmente dovrà decidere se far passare o rispedire al mittente la riforma dello Stato su cui ha investito tutta la sua credibilità il governo Renzi. Per questo lo snodo è oggi delicatissimo e per questo i giudici vogliono contare di più. Più di quella politica, se non altro, alla quale la legge impone di eleggere in terzo dei 15 componenti, così da avere equilibrio con i 5 nominati dal Presidente della Repubblica e i 5 espressi dalle alte magistrature.

ADDIO EQUILIBRI DI POTERE
Per la politica italiana questo è un momento di grande travaglio interno, perché far convergere un numero importantissimo di voti dei deputati e senatori riuniti in seduta comune è tutt’altro che facile. In passato si è dovuto attendere molti mesi prima di trovare la quadra e anche adesso coprire i tre seggi di nomina parlamentare rimasti vuoti si sta rivelando difficilissimo. Con grande fatica i maggiori partiti di Centrodestra e Centrosinistra erano riusciti nei giorni scorsi a trovare tre nomi di prestigio, con un nome in particolare sul quale sarebbe stato possibile far convergere anche i consensi dei Cinque Stelle: il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella. Mentre la candidatura sale di intensità ecco che però a Catania in tribunale ci si ricorda di un vecchio procedimento proprio su Pitruzzella, accusato di aver favorito l’università di Enna in un contenzioso con l’università di Catania. Si tratta a ben vedere di due istituzioni pubbliche, dove che vinca l’una o che vinca l’altra è sempre lo Stato che incassa e che paga.

CARTE DORMIENTI
Quel procedimento rimasto oltre cinque anni sepolto sotto le migliaia di processi in lista d’attesa ecco che così salta miracolosamente fuori e Pitruzzella nel mirino della magistratura diventa naturalmente difficile da digerire per i pentastellati, che dovrebbero poi rispondere ai loro elettori in rete sul perché hanno mandato alla Consulta niente meno che un indagato. Ora, fatta salva la regola numero uno di un qualunque Paese civile, e cioé che un indagato non è un condannato e men che meno un colpevole, il tempismo della magistratura su questa vicenda è incredibile. Un caso che resta sconosciuto per oltre cinque anni e che esplode proprio mentre si sta per andare a votare i nuovi giudici costituzionali non può che sapere di “orologeria”. E insieme di un nuovo tentativo dei magistrati di fare scelte politiche. In Emilia Romagna è stato fatto fuori Richetti, poi assolto. A Roma, alla Consulta, la storia potrebbe ripetersi.

L’ULTIMA FUMATA NERA
E, oggi, dopo la ventottesima fumata nera per il tris di candidati Barbera-Pitruzzella-Sisto, frutto dell’accordo tra maggioranza e Forza Italia, è arrivata la decisione di Pitruzzella di ritirare la propria candidatura.