Doveva essere l’occasione per avviare una volta per tutte un processo di pace serio per chiudere la guerra in Ucraina, e invece il summit a Mosca tra il presidente russo Vladimir Putin, l’inviato speciale americano Steve Witkoff e il genero di Donald Trump, Jared Kushner, si è rivelato un clamoroso flop.
Cinque ore di trattative, proposte e controproposte che, al di là delle frasi di circostanza—come quelle del direttore del Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (Rdif), Kirill Dmitriev, che ha definito la riunione “produttiva”—si sono concluse con un nulla di fatto, perché, come hanno fatto sapere le parti, non è stato raggiunto “nessun accordo”.
Malgrado Stati Uniti e Russia si siano impegnati a mantenere il riserbo sui dettagli della conversazione, qualche indizio su quali siano stati gli argomenti trattati e quali gli intoppi si può desumere dalle frasi dei principali protagonisti del vertice, in particolare dai funzionari russi. Stando a quanto dichiarato dal segretario di Stato americano Marco Rubio, nei colloqui sull’Ucraina sono stati compiuti “alcuni progressi”.
“Quello che abbiamo cercato di fare, e penso che abbiamo compiuto alcuni progressi, è capire cosa potrebbe garantire agli ucraini la sicurezza per il futuro”, ha sottolineato, aggiungendo che gli Stati Uniti sperano che il compromesso “consenta” agli ucraini “non solo di ricostruire la loro economia, ma anche di prosperare come Paese”.
Putin punta i piedi
Ben più dettagliato il resoconto che arriva dal Cremlino, con il portavoce Dmitry Peskov che, dopo aver auspicato che la parte americana “rispetti il principio del silenzio durante i negoziati” e promettendo che Mosca farà altrettanto, è comunque entrato nel merito delle interlocuzioni e del futuro negoziato.
Peskov ha risposto alle indiscrezioni secondo cui Putin avrebbe rigettato la proposta di pace americana, sostenendo che si tratta di una fake news, visto che il presidente russo ha “accettato alcune parti dell’accordo, mentre altre sono state segnalate come inaccettabili”. Un “no” che, come spesso ribadito dal Cremlino—salvo poi essere smentito dai fatti—non rappresenterebbe una chiusura netta, perché, ha aggiunto il portavoce, queste discussioni fanno parte del “normale processo di lavoro, dove si deve trovare un compromesso tra le parti”.
Per questo ha assicurato che “le trattative con Witkoff e Kushner proseguiranno”, ribadendo per l’ennesima volta che “una telefonata tra il presidente Vladimir Putin e il presidente Donald Trump può essere organizzata rapidamente e in qualsiasi momento”, se c’è la volontà.
Guerra senza uscita
Le informazioni più rilevanti sul vertice di Mosca sono però arrivate dal consigliere del Cremlino Yuri Ushakov. A suo dire, l’intero incontro si è concentrato “sull’essenza dei documenti proposti piuttosto che sui loro dettagli”.
Ushakov ha inoltre confermato che la delegazione statunitense ha consegnato alla controparte russa il piano in 27 punti – non quello in 19 punti, frutto della mediazione con l’Ucraina e l’Unione Europea – oltre ad altri quattro documenti inediti che, almeno in parte e sempre stando alle indiscrezioni, riguarderebbero le eventuali cessioni territoriali che l’Ucraina, volente o nolente, dovrà accettare per chiudere una guerra che oggettivamente non può vincere.
I nodi aperti e i timori di Zelensky
L’intoppo principale che blocca le trattative di pace sembra dunque essere il riconoscimento dei territori, con la Russia che non si limiterebbe a pretendere le aree già occupate, ma anche parti non ancora coinvolte nel conflitto terrestre. Questo nodo appare confermato anche dal clamoroso dietrofront di Witkoff e Kushner che, al termine dell’incontro con Putin, invece di recarsi a Bruxelles per incontrare Volodymyr Zelensky come annunciato nei giorni scorsi, hanno deciso di tornare immediatamente negli Stati Uniti per riferire al presidente Trump. Informato dei risultati del vertice, il tycoon ha ammesso le difficoltà, affermando che “la situazione in Ucraina è un casino” e che c’è ancora “molto lavoro da fare”.
Parole che non lasciano presagire nulla di buono, con la guerra che rischia di trascinarsi ancora a lungo. Un’eventualità che terrorizza Volodymyr Zelensky, sempre più isolato anche a causa dello scandalo corruttivo che ha colpito il suo inner circle. Il presidente ucraino ha confessato di temere “che qualcuno dei nostri alleati sia stanco. L’obiettivo della Russia è che l’America si disimpegni”, un disimpegno che, se dovesse concretizzarsi, porterebbe all’inevitabile sconfitta di Kiev.