Quarant’anni fa la mafia uccideva il generale Dalla Chiesa

Il 3 settembre 1982 a Palermo Cosa Nostra uccise il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie e il suo agente di scorta.

Quarant’anni fa la mafia uccideva il generale Dalla Chiesa

A 40 anni dalla morte per mano della mafia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa – ucciso da Cosa nostra il 3 settembre 1982 in via Isidoro Carini, in un attentato nel quale persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo – Palermo è pronta a ricordare una delle figure simbolo della lotta alla criminalità organizzata, il generale dei Carabinieri spedito in Sicilia e divenuto martire dopo poco più di tre mesi.

Il 3 settembre 1982 a Palermo Cosa Nostra uccise il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie e il suo agente di scorta

Quel 1982 è passato alla storia come uno degli anni peggiori dal punto di vista degli omicidi di mafia e la contabilità delle vittime si aggiornava quasi giornalmente. E il 3 settembre toccò proprio a Dalla Chiesa, raggiunto all’uscita della Prefettura da un commando mafioso che, adoperando una tecnica quasi militare, aprì il fuoco con un Kalashnikov ak-47 verso il generale e sua moglie, non risparmiando neanche l’agente che li seguiva a bordo di un’Alfetta.

I progressi nella lotta contro Cosa nostra avevano portato a un vero e proprio bagno di sangue in quegli anni così tremendi in cui la mafia aveva dichiarato guerra allo Stato. Cento giorni appena di mandato per Dalla Chiesa, che non ricevette i mezzi richiesti per agire come avrebbe voluto, prima di essere ucciso dalla vile mano della criminalità. Palermo si risvegliò ferita e la scritta che apparve all’indomani della strage nel luogo dell’assassinio: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”, risuonò come la summa dello stato d’animo di un’intera città.

Capace però di risollevarsi dopo l’ennesimo sangue versato, già fin dalle parole del cardinale Salvatore Pappalardo che nel giorno dei funerali usò frasi forti e di condanna nei confronti delle istituzioni citando Tito Livio e il suo discorso su Sagunto, che in questo caso divenne una Palermo lasciata sola ed espugnata dai nemici, vale a dire la mafia.

Quaranta anni dopo il capoluogo siciliano è cambiato, la mafia stessa è cambiata, ma resta immutato il sentimento di legalità di gran parte dei cittadini, che passa attraverso la commemorazione di figure come il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. La Prefettura di Palermo e il Comando Legione Carabinieri “Sicilia”, nella ricorrenza del 40esimo anniversario del barbaro agguato hanno organizzato una serie di eventi commemorativi nel capoluogo siciliano.

Stasera, alle 19, disvelamento di una targa in memoria del Prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa presso la Prefettura; alle ore 21, concerto della Banda dell’Arma dei Carabinieri a Palazzo Reale, organizzato con l’Assemblea Regionale Siciliana e la Fondazione Federico II. Domani, sabato 3 settembre, alle 9, deposizione di un cuscino di fiori al busto dedicato al Generale, all’interno della caserma “Generale C.A. dalla Chiesa”, sede del Comando Legione Carabinieri “Sicilia”; alle 9.30, momento commemorativo nel luogo della strage, in via Isidoro Carini.

Alle 10, sempre a Palermo, ci sarà la messa presso la Cattedrale, officiata dall’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, ed a seguire commemorazione con interventi delle massime autorità; alle 11.30, deposizione, presso il cippo commemorativo dedicato al Generale in via Vittorio Emanuele, di un omaggio floreale da parte del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e dei bambini dei quartieri “disagiati” di Palermo.

A seguire, esposizione, sempre in via Vittorio Emanuele (presso l’ingresso della caserma “Generale C.A. dalla Chiesa”), di dipinti su pannelli amovibili, realizzati a cura dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, con successivo intervento del curatore del progetto; alle 12, cerimonia d’inaugurazione, nei pressi della Sala della Memoria (all’interno della caserma “Generale C.A. dalla Chiesa”), di un altorilievo celebrativo dedicato al Generale, realizzato e donato dal maestro ceramista Nicolò Giuliano.

Zero retorica. Per dare un senso compiuto al 40esimo anniversario dell’omicidio del Generale Prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa è essenziale ricostruire fatti e contesto di un delitto che, come altri specifici omicidi di mafia, ha una valenza glocal: locale e globale, siciliana e nazionale.

Dall’agguato di via Isidoro Carini a Palermo sono passati esattamente 14.610 giorni, ma la verità storica che emerge da tutti i riscontri è la constatazione che, ad appena tre mesi dall’insediamento di Dalla Chiesa alla Prefettura di Palermo, Cosa nostra oltre a rispondere alla sfida antimafia abbia “tecnicamente” eseguito un omicidio su commissione. Per conto di chi e perché?

Il figlio Nando: “La verità parziale l’abbiamo avuta, ma c’è sempre un pezzo che manca, che rimane fuori e non si può provare in tribunale”

“La verità parziale l’abbiamo avuta, ma c’è sempre un pezzo che manca, che rimane fuori e non si può provare in tribunale”, sottolinea in tutte le interviste il figlio del generale, Nando dalla Chiesa, in riferimento a killer e mandanti mafiosi ma soprattutto alla nebulosa di mandanti e interessi sovrastanti le cosche.

Non c’è solo l’incredibile rinvenimento del memoriale Moro nel covo brigatista di via Montenevoso, a Milano nel 1990 a 16 anni dall’assassinio del leader democristiano, ma la documentazione e le testimonianze riguardanti i colloqui e le richieste del Generale intercorse con gli esponenti del Governo e i leader politici. Da Spadolini a Andreotti, da Rognoni a Craxi e De Mita.

È un dato storico che dopo gli ampi poteri che gli consentirono di essere il propulsore diretto del successo della lotta contro il terrorismo, al culmine del convulso travaglio politico e istituzionale del dopo Moro, Carlo Alberto dalla Chiesa venne inviato praticamente disarmato in Sicilia sulla trincea antimafia. Per essere platealmente trucidato dopo 100 giorni in pieno centro a Palermo, assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’autista Domenico Russo.

Buio, misteri, depistaggi, ricatti e altri delitti per occultare verità inconfessabili. Ma in che Italia viviamo se mentre gli anniversari passano stanchi, corrosi dalla retorica e dall’oblio, ancora non si riesce a delineare compiutamente non soltanto le responsabilità dirette, ma neanche il contesto degli anni di piombo e dei delitti Moro, Piersanti Mattarella, Carlo Alberto dalla Chiesa, Boris Giuliano, Ninni Cassarà, sino alle stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?