Quel vecchio disco che non smette di girare

di Nadia Ferrigo per La Stampa

Correva l’anno 1914 quando sul «Corriere dei Piccoli» comparve la prima pubblicità del Pathefono dei fratelli Charles e Emile Pathé della francese Pathé-Frères: una delle prime aziende di apparecchi fonografici specializzati nei dischi per grammofono a cento giri, con la registrazione che iniziava dal centro per poi svilupparsi all’esterno. «Per tutti» era lo slogan del Pathefono, che viene considerato il primo giradischi davvero popolare e dunque il veicolo che per primo portò la musica registrata nelle case degli italiani.

Sono passati cent’anni, e anche se la produzione su larga scala dei dischi in vinile si fermò nei primi anni Novanta, fiere di settore e negozi specializzati sono oggi più che mai mete di pellegrinaggio degli appassionati. Anche nell’era del digitale, il vinile continua a emozionare e a vendere. Le cifre non sono altissime, ma in crescita: la riscossa che ha caratterizzato il mondo degli Lp negli ultimi anni non si arresta. Nel 2013 le vendite nel mondo sono aumentate del 27%, con un giro d’affari che è passato da 172 a 218 milioni di dollari. Al primo posto ci sono gli Stati Uniti, con 4,6 milioni di dischi acquistati nel 2012 e 6 milioni nel 2013, circa il 2% di tutte le vendite di album. Seguono Germania, Regno Unito, Francia, Giappone, Paesi Bassi, Italia e Australia, dove la crescita delle vendite sfiora l’80%. In Italia l’aumento registrato dalla Fimi, la Federazione industria musicale italiana, è del 6% – il triplo dei cd, che dopo 11 anni di segno negativo guadagnano il 2% – mentre nel primo trimestre di quest’anno siamo già a un più 14%.

L’invenzione fu un po’ americana e un po’ tedesca, come racconta il musicologo e docente di Etno-musicologia Luca Cerchiari nel saggio «Il disco», appena uscito per l’editore Odoya: «Dal fonografo di Edison, capace di registrare e riprodurre il suono, si passò all’intuizione del tedesco Berliner, che verso la fine dell’Ottocento separò la creazione della matrice dalla possibilità di ricavarne delle copie. Seguirono anni di esperimenti per trovare il materiale più adatto, e dalla gommalacca, sintesi chimica di pietre e insetti, si arrivò alla plastica del 33 giri, presentato alla stampa nel 1948 a New York».

Il cui revival non è la solita cotta per tutto quel che profuma di vintage: «È semplice capire perché ancora tante persone, giovani compresi, acquistino i vinili – continua Cerchiari, che vanta una collezione di 18 mila Lp iniziata da ragazzo -. Anche se i supporti sono cambiati, gli apparecchi si conservano: esistono ancora 100 milioni di giradischi, tutti funzionanti. E il disco, oltre a essere un oggetto dall’estetica gradevole, ha anche un suono ottimo».

La disputa è sempre la stessa: meglio il disco o il cd? «In verità – è la sua risposta – solo una piccolissima parte del pubblico riesce davvero a cogliere le differenze. Da parte mia, posso dire che la qualità di bassi e acuti è migliore con il vinile, e che sentir la puntina frusciare è parte dell’esperienza di ascolto». Per i collezionisti, le quotazioni più alte sono nella musica jazz e pop, mentre gli amanti della classica preferiscono un suono pulito e meno gracchiante. «Si può arrivare anche a migliaia di euro, ma nel mercato non c’è spazio solo per questo; da qualche tempo si pubblicano nuove edizioni dei classici più difficili da trovare».