La quota 100 svuota le corsie. L’allarme del sindacato dei medici: 70mila camici in uscita, ultima chiamata per salvare la sanità pubblica

In pochissimo tempo andranno in pensione i nati tra il 1954 e il 1957, più di 25 mila unità oltre le 45 mila uscite previste dalla Fornero

La riforma della legge Fornero, che secondo i programmi del Governo dovrebbe introdurre la famosa quota 100 come nuovo criterio di pensionamento, con una soglia di 38 anni di contribuzione, potrebbe determinare, in un solo anno, il pensionamento di circa 70 mila tra medici e dirigenti medici. L’allarme arriva dal sindacato Anaao Assomed.

Un diritto, quello alla pensione, che, sempre secondo le stime del sindacato dei camici bianchi, verrà largamente esercitato visto il crescente disagio lavorativo legato alla massiccia riduzione delle dotazioni organiche. La curva demografica, elaborata e diffusa dall’Anaao Assomed mostra che con la quota 100 l’uscita interesserà in pochissimo tempo i nati tra il 1954 e il 1957, più di 25 mila tra medici e dirigenti sanitari, che si sommerebbero alle 45 mila uscite previste dalla Fornero.

“Non basteranno – fanno sapere da Anaao Assomed – i giovani neo specialisti a sostituirli, ma soprattutto è a rischio la qualità generale del sistema, perché i processi previdenziali sarebbero così rapidi e drastici da impedire il trasferimento di esperienze e di pratica clinica. Chi ha responsabilità di governo ha il dovere etico di spiegare come intende affrontare il fenomeno descritto, sia ai Colleghi che rimarranno al lavoro in condizioni organizzative sempre più precarie, sia ai Cittadini che hanno diritto a cure tempestive, di qualità e sicure”.

“E’ necessario aprire una grande stagione di assunzioni in sanità – sollecita Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed – eliminando l’anacronistico blocco della spesa per il personale introdotto dal Governo Berlusconi/Tremonti nel 2010. Ma, soprattutto, bisogna dare una risposta al disagio oramai insopportabile che pervade tutte le strutture sanitarie pubbliche e che induce alla fuga verso il pensionamento, considerato come un ‘fine pena’, o verso la sanità privata, alla ricerca di posti di lavoro più remunerativi e meno logoranti. Occorrono risorse per incentivare la permanenza al lavoro e tempi rapidi per rinnovare un contratto che rappresenta una formidabile leva per affrontare l’organizzazione dei servizi, le tutele dei medici e dei cittadini. E’ l’ultima chiamata – ha concluso – per salvare il Servizio sanitario nazionale dalla sua estinzione”.