Rachele Scarpa, chi è la più giovane capolista candidata con il Pd: imbarazzo per le sue dichiarazioni sul tema del lavoro sui social

Rachele Scarpa è una delle più giovani copoliste scelte dal Pd per la Regione Veneto in vista delle elezioni del 25 settembre.

Rachele Scarpa, chi è la più giovane capolista candidata con il Pd: imbarazzo per le sue dichiarazioni sul tema del lavoro sui social

Rachele Scarpa è la giovane capolista candidata in vista delle elezioni del 25 settembre con il Partito Democratico nella Regione Veneto. Nelle ultime ore, è stato ripescato un suo vecchio filmato in cui condivideva riflessioni sul tema del lavoro che oggi stanno facendo discutere.

Rachele Scarpa, chi è la più giovane capolista candidata con il Pd

Rachele Scarpa ha 25 anni ed è la più giovane capolista del Partito Democratico per la Regione Veneto. Nata a Monigo, in provincia Treviso, nel 1997, da giovanissima ha iniziato ad interessarsi di politica mentre attualmente sta frequentando il corso di laurea magistrale in filologia moderna; nel tempo libero disegna fumetti.

Negli anni del liceo è stata coordinatrice provinciale della Rete degli studenti medi di Treviso; viene eletta rappresentante d’istituto al liceo Canova di Treviso, quindi presidente della Consulta provinciale degli studenti. Nel 2020, a 23 anni, è candidata in Consiglio regionale nella lista del Partito democratico. Dopo le elezioni decide di entrare nel partito, tanto da ricoprire il ruolo di vice-segretaria comunale di Treviso e la inserisce nella direzione regionale. I temi da lei affrontati sono: istanza giovanili, femministe, incontro tra giustizia sociale e questione ambientale.

Imbarazzo per le sue dichiarazioni sul tema del lavoro sui social

La giovane candidata si è ritrovata in mezzo a delle polemiche per alcune vecchie dichiarazioni sul tema del lavoro che hanno messo in imbarazzo l’ambiente del Pd. In un video passato, condiviso sui social, una giovanissima Scarpa sosteneva che “è necessario interrompere il circolo vizioso per cui il lavoro è l’unico mezzo di sostentamento per le persone”.

“Che cosa significa? – attacca Luigi Marattin di Italia Viva su Twitter – Che lo debba invece essere la rendita, dietro cui non c’è produzione, crescita, occupazione? Oppure il sussidio? E in quel caso, chi produce il reddito necessario per creare e distribuire il sussidio? Altri ‘mezzi di sostentamento’, sul momento, non me ne vengono in mente”

Dopo le polemiche, Scarpa ha scelto sempre i social per rispondere agli attacchi: “La nostra campagna elettorale è appena iniziata e già c’è chi esercita un’attività sistematica di ricerca di miei vecchi interventi tagliandoli, manipolandoli e decontestualizzandoli. Il tutto al fine di incitare alcune bolle social all’insulto libero: vi lascio immaginare, in queste ore, che tipo di attacchi, beceri e sessisti, mi stiano arrivando. Non importa, abbiamo le spalle grosse”.

Un lungo post il suo: “Tanti di noi giovani, pur lavorando, rimangono poveri: questo è per me un terribile ‘circolo vizioso’. La redistribuzione della ricchezza non è attivata dal lavoro, se questo rimane lavoro povero. Immaginare forme di sostegno al reddito universali non deve essere un tabù. La mia generazione ha una grande esperienza di lavoro dequalificato, sottopagato e precario. Conosciamo il mondo degli stage gratuiti o mal retribuiti, e la precarietà spacciata per flessibilità. Queste forme di lavoro non garantiscono una vita dignitosa: impediscono di costruire una famiglia, di acquistare una casa, di progettare la propria formazione.
 In questo senso il lavoro sottopagato non può essere l’unica fonte di sostentamento. Quella di forme di sostegno al reddito universali è solo una delle strade per rendere concreti i principi di emancipazione della nostra generazione, attraverso il lavoro e giusta retribuzione. Il PD è il partito del lavoro, che resta, ovviamente, il primo strumento di emancipazione come recita anche la nostra Costituzione. ‘Sostentamento’ è però un insieme più ampio di diritti, che devono essere garantiti: il diritto alla casa, gli ammortizzatori sociali per tutelare chi lavora, il welfare per conciliare vita e lavoro. Approviamo una legge sul salario minimo. Senza polemiche: magari, lo capisce meno chi ha sempre difeso la precarietà chiamandola flessibilità”.

 

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