di Lapo Mazzei
Certo, per essere il discorso degli auguri, l’intervento di Re Giorgio primo ha avuto il sapore amaro della cicuta. Forte quanto basta per avvelenare ogni velleitarismo rivoluzionario, prima che questo trasformi la piazza in una trincea. Perché nelle parole pronunciate ieri dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in occasione dell’incontro pre-natalizio con i rappresentati delle istituzioni, ci sono sia Matteo Renzi che Silvio Berlusconi, ma ci sono soprattutto il movimento dei forconi e le altre manifestazioni di protesta. Ovvero la piazza e suoi protagonisti, che da elementi per il gioco di sponda della politica sono diventati attori protagonisti, nella convinzione che la maggioranza del Paese sia con loro e non con le istituzioni. Un’equazione, quella fra palazzo e piazza, senza una soluzione certa. E per questo ancor più rischiosa.
Il Colle si accorge del malessere del Paese
E così il presidente della Repubblica, nel passaggio chiave del suo intervento, ha chiesto la “massima attenzione” nei confronti di coloro che vivono nel “disagio” e che “può farsi coinvolgere in proteste violente, in uno sterile moto di opposizione totale”. Dunque bisogna accompagnare, aggiunge l’inquilino del Colle, “al massimo rispetto della legge l’attenzione a tutte le cause di malessere sociale”. Il richiamo al movimento dei forconi, ma anche a quelli studenti che hanno incendiato le piazze. È quanto mai evidente. E siccome ad accendere gli animi non sono solo i movimenti ma anche certi slogan, Napolitano ha posto l’accento sull’attività del Parlamento, luogo nel quale si deve poter affermare “in ogni momento un clima di civile confronto e di fruttuoso impegno, nel rispetto dei diritti di tutte le forze che vi sono rappresentate e nella riaffermazione delle regole che le camere si sono date”.
Stop alle esternazioni dal sapore di golpe
Per questo, dice in riferimento alle polemiche seguite alla sentenza Mediaset, “le estremizzazioni non giovano a nessuno e possono solo causare guasti nella vita democratica”, mentre “sempre e dovunque negli stati di diritto non può che riaffermarsi la separazione dei poteri tra politica e giustizia”. Per questa ragione, sottolinea con una particolare enfasi il capo dello Stato, Berlusconi e altri ancora non sono autorizzati “ ad evocare immaginari colpi di Stato a cui non saremmo estranei”. E’ ovvio che nei pensieri del Quirinale non c’è solo il Cavaliere, assente alla cerimonia, ma c’è anche Grillo. Il leader del movimento Cinque stelle, a cui piace incendiare la piazza, ha più volte fatto uso del termine golpe. Delineato il quadro d’insieme resta il fatto che la stretta attualità presenta molti aspetti preoccupanti. Dall’anno scorso l’Italia, ha sottolineato ancora il capo dello Stato, ha conosciuto “mutamenti incalzanti della scena politica, mutamenti ancora lontani da un chiaro assestamento e tali da presentare incognite non facilmente decifrabili”. Napolitano affronta anche l’attualità della protesta dei Forconi. “La crisi che ha investito l’Eurozona”, dice, “ha messo a dura prova la coesione sociale. Le più elaborate previsioni 2014 segnalano un rischio diffuso di tensioni e scosse sociali: un rischio che deve essere tenuto ben presente e fronteggiato in Italia”. “Occorre accompagnare il più severo richiamo al rispetto della legge”, avverte ancora il presidente, “con la massima attenzione a tutte le cause e casi di più acuto malessere sociale. Il governo registra in questo momento con comprensibile soddisfazione l’arresto della caduta del Pil, ma la recessione morde ancora duramente, e diffusa appare la percezione della difficoltà ad uscirne pienamente”. Altro che l’ottimismo del premier Enrico Letta.
Le tensioni sociali non avvicinano il voto
A far da quinta al ragionamento sulle tensioni sociali ci sono, inevitabilmente, le fibrillazioni politiche. E Napolitano, nell’affrontare il tema del recente cambio di maggioranza e delle riforme istituzionali, ha ribadito il suo no all’eventualità di elezioni anticipate. “E’ importante”, dice, “che l’Italia continui a essere governata nel 2014. L’Europa ci guarda”, tanto che Re Giorgio rivolge “uno schietto appello al partito che il 2 ottobre scorso si è distaccato dalla maggioranza originaria guidata da Letta, perché quella rottura non comporti l’abbandono del disegno di riforme costituzionali”, per il quale, insiste, occorre anche di “tutte le forze dell’opposizione”. Infine il capo dello Stato ha rilanciato il maggioritario, fornendo un assist a Renzi, e ha chiesto “il superamento del bicameralismo paritario.