Recovery Fund, la sfida delle riforme parte dalla task-force. Palazzo Chigi già al lavoro per la squadra che gestirà gli aiuti europei

Mentre c’è chi si ostina ad insistere morbosamente per accedere alle linee di credito del Mes, il premier procede spedito verso la creazione di una cabina di regia che dovrà decidere come utilizzare i 209 miliardi garantiti dal Recovery fund, in accordo con le Raccomandazioni specifiche per Paese formulate a fine maggio dalla Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen. La task force annunciata da Giuseppe Conte dovrà elaborare un piano di riforme “credibile e ambizioso” da presentare all’esecutivo Ue entro ottobre. In altre parole dovrà puntualmente rendicontare a Bruxelles su quali investimenti intende puntare per usare i finanziamenti (81,4 miliardi a fondo perduto e 127,4 di prestiti) con tanto di tabella di marcia a tappe intermedie: l’erogazione delle varie tranche è legata infatti ad obiettivi da rispettare. La struttura incaricata di gestire le risorse sarà a doppio binario: una parte “politica”, presieduta dallo stesso Conte, che comprenderà i ministri interessati, si occuperà delle scelte e delle priorità di spesa mentre l’attuazione e la redazione dei progetti sarà affidata ad un comitato “tecnico” di supporto. Il modello però non sarà quello alla Colao, per intenderci, bensì quello di “Strategia Italia”, struttura costituita nel febbraio del 2019 finalizzata all’accelerazione degli investimenti pubblici. Stavolta l’Europa ha dato un segnale forte, ora tocca a noi fare la nostra parte. I fondi arriveranno tra la metà del 2021 e il 2023 (il 10% a stretto giro e il 70% entro il 2022) e andranno restituiti a partire dal 2026, ma il Paese non potrà farlo se il Pil non crescerà e, contestualmente, non calerà il debito pubblico che con la pandemia è già arrivato al 160%. Non converrebbe dunque neanche all’Italia, al di là del controllo europeo, sbagliare i calcoli, anche perché le riforme sulle quali il governo italiano si dovrà misurare sono in larga parte auspicabili. Stiamo parlando di velocizzare i tempi della giustizia, ridurre la burocrazia della Pubblica amministrazione e i pagamenti in ritardo alle imprese, potenziare il sistema sanitario e “migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali”, potenziare le infrastrutture fisiche e digitali, aumentare la protezione sociale dei lavoratori atipici, far calare il tasso di disoccupazione, ridurre la pressione fiscale sul lavoro. E contenere la spesa pensionistica: nel mirino è finita  Quota 100, entrata in vigore nel 2019, che  permette di andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi. I pensionamenti anticipati saranno possibili fino a tutto il 2021 ed è improbabile che il governo li cancelli prima. La stretta europea influenzerà però il regime di flessibilità posteriore a quella data, che sarà necessario ritoccare per chi lascia il lavoro prima dei 67 anni. Questi, in sostanza i punti chiave contenuti nelle Raccomandazioni all’Italia e su cui l’esecutivo ai dovrà concentrare per l’elaborazione del “piani per la ripresa e la resilienza” da sottoporre al vaglio della Commissione, come prospettato nelle 68 pagine delle conclusioni del Consiglio europeo.