Si annunciano settimane di passione per il governo. Su quella che doveva essere la priorità numero uno del governo Draghi, ovvero il Recovery plan, l’esecutivo non ha più molto tempo. Meno di un mese per dimostrare che l’Italia sarà in grado di onorare gli impegni per sfruttare al meglio i 191,5 miliardi di euro che Bruxelles ha promesso al Paese.
Il ministro dell’Economia, Daniele Franco (nella foto), ha assicurato che il Parlamento verrà coinvolto. I parlamentari che, finora, si sono cimentati solo sul progetto del vecchio governo, temono di non avere più voce in capitolo ma alla fine hanno ottenuto che ci saranno nuove “comunicazioni alle Camere prima della trasmissione” del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Le nuove comunicazioni sul Recovery plan dovrebbero essere calendarizzate l’ultima settimana di aprile, a ridosso della scadenza entro cui inviare in Europa la versione definitiva del Piano. Con tutta la buona volontà, il passaggio alle Camere sarà per forza di cose “fugace”. Senza considerare il pressing delle parti sociali che reclamano per essere coinvolti. L’8 aprile il premier Mario Draghi vedrà le Regioni e si parlerà di governance che, ha annunciato Franco, sarà snella e coinvolgerà tutti i livelli amministrativi e indicherà le forme di interlocuzione tra governo centrale ed enti territoriali.
Il modello di governance al quale guarda Palazzo Chigi rimane quello franco-spagnolo con la cabina di regia in mano al Mef. Ma il governo non parte da zero. Lavorerà sul Recovery plan lasciato dall’esecutivo Conte e non si prevedono grandi stravolgimenti. Sicuramente verranno scremati i progetti anche perché il governo precedente prevedeva voci da finanziare per 14 miliardi in più delle risorse europee disponibili. Ma Franco ha assicurato che non verranno trascurati, anzi quelli meritevoli avranno probabilmente una linea di finanziamento ad hoc.
Parallelamente al lavoro sul Recovery plan c’è quello sullo snellimento delle procedure. La sfida più importante, l’ha definita il numero uno di via XX Settembre, tanto che accanto al Piano si sta preparando un primo pacchetto “di norme di semplificazione” per “facilitare una efficace e tempestiva attuazione del Pnrr”, cui stanno lavorando non solo il ministro della PA Renato Brunetta, ma anche Transizione digitale e ecologica e il ministero delle Infrastrutture. Il pacchetto per le semplificazioni, insieme alle procedure per il reclutamento delle figure tecniche necessarie all’attuazione del Recovery plan, dovrebbero trovare posto poi nel ‘decretone’ che accompagnerà il piano.
Sono in fibrillazione i vari dicasteri alle prese con esperti e tecnici (quelli tanto vituperati all’epoca del precedente governo). Per la metà di aprile quelli più direttamente coinvolti nelle procedure attuative del Recovery puntano a presentare le loro proposte. Al ministero guidato da Enrico Giovannini è stata costituita una commissione ad hoc: rappresentanti della Corte dei conti e del Consiglio di Stato e dei ministeri della Funzione pubblica e delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, si riuniscono ogni settimana con il compito di rivedere la normativa e l’obiettivo di presentare delle proposte per la metà del mese.
E lo stesso sta facendo il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, assieme ai colleghi del ministero della Cultura e della Trasformazione digitale. Il discorso sul Recovery plan si incrocia con quello del Def che andrebbe presentato il 10 aprile. Al Mef si studia se inserire nelle indicazioni programmatiche i primi effetti del Pnrr e del nuovo scostamento che potrebbe superare i 20 miliardi di euro. Ma – sorpresa – anche il Def è destinato a slittare.