A poche ore dal voto sui referendum, la musica resta sempre la stessa: “siamo pieni di clandestini”, “la situazione è fuori controllo”. È il lessico obbligato di chi, non avendo numeri, vende paure. I dati, come sempre, raccontano un’altra storia.
L’invasione che non c’è
Nel 2019 si stimavano circa 562 mila stranieri irregolari in Italia. Oggi, secondo ISMU, sono scesi a circa 321 mila. Meno dello 0,6% della popolazione complessiva. Nessuna ondata. Nessuna emergenza. Al contrario: un calo netto, che smonta ogni allarme. In Germania, Regno Unito e Spagna i numeri sono simili o superiori. L’Italia, anche qui, non è un’eccezione.
In più, la retorica dell’assalto ignora un fatto politicamente scomodo: a ridurre gli irregolari hanno contribuito anche le regolarizzazioni decise negli ultimi anni. Inclusa quella varata proprio sotto il governo Meloni. La stessa destra che urla “clandestini” ha dovuto, nei fatti, accettare l’unica politica possibile: regolarizzare. Eppure il messaggio resta sempre lo stesso, perché funziona: alimentare paura costa meno che governare la realtà.
Criminalità: i numeri smentiscono
Chi agita il binomio immigrazione-criminalità sa bene che la realtà racconta altro. Secondo Istat, i reati denunciati in Italia sono scesi dai 2,89 milioni del 2013 ai 2,34 milioni del 2023. I furti, spesso agitati come emblema dell’insicurezza, sono crollati da oltre 1,5 milioni a poco più di un milione.
E nel frattempo? La popolazione straniera residente è passata da 4,3 a oltre 5,2 milioni di persone. Se davvero fosse vero il teorema che più stranieri significa più crimini, ci sarebbe stata un’impennata. Invece i reati calano. La correlazione tra immigrazione e criminalità semplicemente non esiste.
Vale anche per i reati più gravi. Gli omicidi volontari, che la propaganda usa come clava identitaria, sono scesi del 6,4% negli ultimi dieci anni. Nessun segnale di emergenza. Al contrario, gli indici di criminalità generale sono oggi più bassi che negli anni ’90, quando gli stranieri residenti erano appena 649 mila.
Sovra-rappresentazione e distorsione
Resta la sovra-rappresentazione degli stranieri nelle carceri: circa il 32% dei detenuti è straniero, contro una quota dell’8,9% sulla popolazione generale. Ma i motivi sono più complessi: marginalità socioeconomica, maggior esposizione ai controlli, difficoltà di accesso a misure alternative, reati legati al soggiorno irregolare. Non una maggiore “propensione al crimine” per il semplice fatto di non essere italiani.
I cosiddetti “reati di status” gonfiano artificialmente i dati: si finisce denunciati non per pericolosità sociale, ma per violazioni amministrative. La microcriminalità, in larga parte, resta figlia della povertà, non della nazionalità.
La percezione costruita ad arte
Nonostante i reati calino, oltre il 70% degli italiani continua a credere che le strade siano sempre più insicure. È l’effetto di un bombardamento sistematico che seleziona i fatti da raccontare e amplifica quelli funzionali a chi ha costruito un’intera carriera politica su questo frame: l’immigrazione come minaccia permanente.
L’allarme migranti serve esattamente a questo: spostare il conflitto sociale sulla sicurezza, disinnescare la questione salariale, silenziare la precarietà, nascondere i tagli ai servizi. È il solito cortocircuito: si crea un nemico esterno e lo si agita per coprire le crepe interne. È anche il sottofondo su cui il governo ha tentato di soffocare il referendum sulla cittadinanza, consapevole che una società meno avvelenata dalla paura è una società meno manipolabile.
I numeri non votano: ma parlano
I dati sono lì. Testardi. Gli irregolari calano. I reati calano. La presenza straniera si stabilizza. Solo la paura cresce, coltivata da chi preferisce la propaganda al governo. Non siamo pieni di clandestini. Siamo pieni di propaganda.