Referendum, le cinque bufale sul quesito per la cittadinanza che servono solo a non far votare

Dalla favola dei clandestini al complotto elettorale: smontate le cinque balle che inquinano il dibattito sul referendum

Referendum, le cinque bufale sul quesito per la cittadinanza che servono solo a non far votare

L’8 e il 9 giugno i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi su una questione che, per mesi, è stata deformata da una macchina di disinformazione organizzata. Il referendum sulla cittadinanza non regala nulla, non apre alcuna sanatoria e non spalanca i confini a milioni di clandestini, come invece vogliono far credere gli specialisti della paura. Interviene solo sull’articolo 9 della legge 91 del 1992, abbassando da dieci a cinque anni il requisito minimo di residenza legale continuativa per poter presentare la domanda di naturalizzazione. Tutto il resto resta invariato: conoscenza della lingua italiana, reddito adeguato, assenza di condanne penali gravi, valutazione della sicurezza nazionale.

L’invenzione dell’invasione

Il primo falso che circola ossessivamente parla di “milioni di clandestini” pronti a ricevere la cittadinanza. Non esiste. I destinatari della riforma sono solo coloro che già risiedono legalmente in Italia da almeno cinque anni. Secondo i dati del Centro Studi Idos, si tratta di circa 1,4 milioni di cittadini extracomunitari regolari e di circa 24 mila minori nati in Italia che potrebbero acquisire la cittadinanza se conviventi con un genitore che la ottiene. I clandestini, che secondo questa propaganda dovrebbero essere i primi beneficiari della riforma, non sono nemmeno contemplati dal quesito referendario. Eppure la Lega ha etichettato il referendum come “il più pericoloso”, alimentando ad arte la confusione tra legalità e irregolarità.

L’ossessione dei “controlli assenti”

La seconda falsità racconta che la cittadinanza verrebbe distribuita senza alcun controllo. È l’esatto contrario: l’unico aspetto modificato dal referendum è la durata della residenza legale. Tutti gli altri requisiti restano invariati. Permane l’obbligo di dimostrare la conoscenza della lingua italiana almeno al livello B1, di avere un reddito stabile e sufficiente, di essere incensurati per reati gravi e di superare l’istruttoria del Ministero dell’Interno. La cittadinanza viene comunque concessa con decreto del Presidente della Repubblica, dopo una complessa istruttoria prefettizia. Non esiste alcun automatismo.

La bufala del complotto elettorale

Il terzo argomento tossico insinua che il referendum sarebbe un “complotto della sinistra” per importare voti. Ancora una volta: falso. Il referendum è sostenuto da un ampio fronte trasversale che comprende forze politiche diverse e numerose organizzazioni della società civile: Più Europa, Possibile, Radicali Italiani, Partito Democratico, Sinistra Italiana, ma anche Acli, Amnesty International, Caritas, Oxfam, Fondazione Migrantes. La raccolta di oltre 637 mila firme dimostra un sostegno diffuso e popolare, non una manovra di parte. E soprattutto: la cittadinanza italiana non conferisce automaticamente il diritto di voto. Solo dopo aver completato l’intero percorso amministrativo si entra nei registri elettorali. Parlare di voto automatico per gli immigrati è una mistificazione pura.

L’Italia fanalino di coda

L’ultimo mito utile a chi vuole lo status quo racconta che l’Italia avrebbe già norme flessibili. È falso anche questo. Con i suoi dieci anni di attesa per i cittadini extracomunitari, il nostro Paese è tra i più restrittivi d’Europa. In Francia, Germania, Portogallo, Paesi Bassi e Svezia bastano cinque anni di residenza. La riforma referendaria porterebbe semplicemente l’Italia in linea con i partner europei. Non si tratta di un regalo, ma di riconoscere diritti a persone che vivono, lavorano, studiano e contribuiscono da anni alla vita del Paese.

L’astensione come arma politica

La scelta della destra di puntare sull’astensione serve ad aggirare il merito della questione. Tutti i partiti della maggioranza invitano esplicitamente o implicitamente a non ritirare la scheda. È la strategia del quorum mancato: far saltare il referendum senza nemmeno entrare nel merito. Intanto, però, alimentano quotidianamente la campagna di disinformazione per disorientare l’opinione pubblica, utilizzando il consueto armamentario di “invasioni”, “regali” e “pericoli per l’identità nazionale”.

In realtà, dietro le fake news sul referendum c’è una visione chiusa e proprietaria della cittadinanza: quella che considera l’essere italiani come un privilegio da difendere, e non come un diritto da riconoscere a chi ha già dimostrato, nei fatti, di far parte del Paese. Il voto di domenica e lunedì non deciderà soltanto su una norma: dirà molto anche su quale idea di convivenza civile vogliamo scegliere.