Renzi dice no all’art.18. Poi ci ripensa

di Lapo Mazzei

È un po’ come se ci fossero un primo e in secondo tempo. Tipico di quei personaggi che vanno di corsa. Talmente di fretta che quando montano sul treno non riescono nemmeno a vedere il paesaggio che gli sfreccia accanto. Ecco, Matteo Renzi, neo segretario del Pd e sindaco di Firenze a tempo perso, è esattamente così. Ha talmente fretta di arrivare in cima da non riuscire a vedere gli scalini sfalsati rispetto alla scala. E questa incapacità di vedere il passo che compie la gamba, provoca degli errori. Madornali, a dire il vero, e l’abile Matteo prova a coprirli buttando sul tavolo da gioco carte nuove, appena tolte dalla confezione. Altro che il personaggio nuovo della politica italiana, il rottamatore che sogna l’uomo solo al comando: Renzi è già entrato nel vertice dei giochi romani, quello che in molti chiamano il teatrino della politica, inanellando gaffe e proponendo idee buone per un titolo di giornale ma prive di fondamenta. Insomma, dalle renziadi siamo già passati al valzer di Matteo.

Primo e secondo tempo
Uscendo dalla metafora, il paradigma dell’intero ragionamento su questo Renzi, ben diverso dall’altro – quello delle primarie per intenderci – è dato dal modo con il quale Matteo ha affrontato il tema spinoso dell’articolo 18, proponendo un primo e un secondo tempo. Nella prima parte il suo valzer è suonato come un ennesimo avviso di sfratto alla Cgil sostenendo la necessità di togliere la tutela ai nuovi assunti. Un’idea molto liberista in un Paese intimamente statalista. E siccome anche all’interno del Pd l’anima dominante è la seconda, Renzi ha subito imboccato la strada del secondo tempo. E così durante i lavori della segreteria il leader del Pd ha ribadito che la priorità e il piano sul lavoro, che il Pd presenterà a gennaio, non è l’articolo 18, ma “creare lavoro” con norme che semplifichino le assunzioni e i centri per l’impiego e misure, come l’indennità di disoccupazione. Dunque non si parte dalla revisione di questo articolo dello Statuto dei lavoratori. Alla stesura del piano per il lavoro, è stato concordato ieri mattina, si impegneranno la responsabile Lavoro Marianna Madia e il responsabile economico Filippo Taddei. Obiettivo della proposta di legge del Pd sarà semplificare le norme e rendere più facile assumere. Questo piano, è stato spiegato in segreteria, è “la priorità numero 1” del nuovo Pd. Che è cosa ben diversa dalla destrutturazione dell’articolo 18. Una bella giravolta. Ma non è la prima. E soprattutto, non è l’unica.

Valzer sulla riforma elettorale
Prendiamo il tema della legge elettorale. Tre per due Renzi, durante la campagna elettorale delle primarie, ha sostenuto che le priorità sono il lavoro e la ripresa economica e che il governo deve fare. Ottimo, peccato che da quando gli sono state consegnate le chiavi del partito la sua magnifica ossessione è diventata la legge elettorale, alla quale intende “dare la massima priorità”, come ha sostenuto durante la riunione mattutina della segreteria, la seconda dell’era Renzi. Lo sforzo è quello di trovare la massima convergenza, “senza impantanarsi, però. La legge si fa con chi ci sta”. Anche perché il segretario ha presentato alla segreteria una tabella di marcia che corre sul doppio binario del patto di coalizione alla tedesca e della legge elettorale. Alle riforme istituzionali e alla legge elettorale dovrebbe pensare la fedelissima di Renzi, Maria Elena Boschi, ricevuta ieri anche dal Capo dello Stato. Stando a quanto viene riferito, avrebbe già preso contatti con le altre forze politiche per sondare il terreno sui due modelli che più interessano il segretario: un Mattarellum corretto con il premio di maggioranza al 25% e il modello del sindaco d’Italia. Ma siccome l’uomo è mutevole e la politica volubile in serata il leader del Pd è tornato a ballare il valzer del renzino. “Le regole si fanno con gli altri apposta perché non la pensano come noi così poi non si può rivendicare il diritto di veto” ha detto il sindaco di Firenze, confermando le voci che danno i suoi emissari già al loro con gli uomini del Cavaliere e di Grillo. “Ma patti chiari amicizia lunga: se Grillo dice no alla mia proposta c’è qualcosa che non torna. Così con Fi: siete disponibili ad un’intesa con tutti? Se sì, ci si mette d’accordo in un quarto d’ora”. Soprattutto se l’uomo delle trattative di Forza Italia si chiama Denis Verdini, anche lui fiorentino come Renzi. Un dettaglio mica da poco. Con Grillo non sarà altrettanto facile.
Non a caso il rapido blitz alla Camera e al Senato di Gianroberto Casaleggio, il guru dei Grillini, che ha incontrato i suoi parlamentari e senatori a porte chiuse è terminato con una frase lapidaria: “Il cambio di governo? A breve forse no. L’anno prossimo sì. Sarebbe una cosa enorme”. Infine il fuoco d’artificio della giornata, tanto per mettere un po’ in difficoltà il governo. Il tema sono le slot machine il provvedimento previsto dal decreto sulla Stabilità, sul quale il sindaco di Firenze è intervenuto via Twitter sostenendo che bloccherà la porcata sulle slot. Peccato che a farla sono stati proprio quelli del Pd…