Renzi ha bisogno dell’Unità

Di Lapo Mazzei

Un consiglio dei ministri da preparare, un continente da incantare, un giornale da salvare e una Festa da rilanciare. Nel mezzo un Paese da governare. No, nessun errore nell’ordine dei fattori, enumerati in rigoroso ordine d’importanza, ai quali non sembra possibile poter applicare – almeno allo stato attuale dell’arte – il principio matematico che invertendone l’ingresso in scena il risultato non cambia. Se ne spostate uno cambia tutto. Perché questo finale d’agosto del presidente del Consiglio va prendendo la forma di una corrida. Da una parte c’è il toro (debito pubblico e economia in agonia) da matare, dall’altra ci sono gli attrezzi del mestiere, mantilla e picche (provvedimenti annunciati e circolari ministeriali) con le quali abbattere l’animale. L’arena dentro alla quale va in scena questa corrida sarà il prossimo mese di settembre, nel corso del quale l’esecutivo guidato da Renzi rischia di giocarsi il proprio futuro. Fuor di metafora, ma non troppo a dire il vero, il premier ha dato l’impressione di voler davvero prendere il toro per le corna, nella convinzione che l’agenda politica del suo governo rischi di perdere pagine con troppa fretta, rispetto al cosiddetto cronoprogramma più volte citato dallo stesso Renzi. Del resto il manifesto politico dei mille giorni assomiglia sempre più ad una sorta di mantra che ad un reale piano di lavoro. E siccome le aspettative che gli italiani ripongono sul governo sono tali che “corrispondere a questo affidamento non è facile, ma fa tremare i polsi”, all’esecutivo serve una spinta decisa. Ragione per la quale l’ex sindaco di Firenze non ha esitato a far ricorso alla mozione degli affetti, ricordandosi che esistono ancora i militanti del Pd, ai quali ha inviato un’accorata lettera, con la quale aprire la Festa de L’Unità di Bologna.

Occhi puntati sul Pd
Certo, questo Renzi di fine agosto non nasconde il peso delle responsabilità che gravano sull’esecutivo, e il dettagli non è marginale, ma è altrettanto vero che sei mesi sono già trascorsi dal defenestramento per giochi di Palazzo di Enrico Letta. E allora per evitare brusche frenate meglio richiamare all’ordine il partito. Per settembre l’impegno più difficile riguarderà proprio il Pd. Un partito “guardato in tutta Europa, e non solo, come un riferimento”, sottolinea il premier, “talvolta indicato come modello dai nostri partner socialisti, come in passato facevamo noi con il New Labour britannico o la Neue Mitte tedesca”. Merito anche della vittoria alle Europee che, dice il presidente del Consiglio. Insomma, quel che ieri sembrava una zavorra oggi è una risorsa, una spalla sulla quale appoggiare la mano per avere un sostegno. Che non può certo sperare di trovare nei 5 Stelle che ieri hanno sbattuto nuovamente le porte in faccia al premier escludendo qualsiasi appoggio

I mille giorni del premier
L’orizzonte temporale dell’intero ragionamento resta l’agenda dei mille giorni, un po’ gelata a dire il vero. “Ogni tanto qualcuno ci viene a fare la lezione sulle priorità, che noi abbiamo ben chiare”, è la stoccata che il presidente del Consiglio riserva a chi critica l’agenda di riforme dell’esecutivo. Le priorità, evidenzia il capo del governo, “riguardano complessivamente l’assetto dell’Italia, la sua capacità di fare fronte agli impegni presi”, soprattutto “nel pieno del nostro semestre di presidenza dell’Unione”. E questo, chiarisce il premier, “è il senso dei mille giorni, che i soliti noti hanno voluto leggere come un rallentamento della nostra azione di cambiamento e invece ne costituisce l’orizzonte, la profondità e l’intensità di un mandato di legislatura”. La chiusa della missiva è dedicata ai militanti del Pd. “Abbiamo scelto di chiamare le nostre feste de l’Unità”, sottolinea Renzi, “per dire che questa è casa nostra, una casa aperta, e che il giornale fondato da Antonio Gramsci tornerà a vivere, a creare dibattito, a sferzare e sferzarci, come ha fatto in tutti questi anni e come fa Europa, più giovane, ma vitale”. Già, il solito grande futuro dietro alle spalle…