Renzi nega, ma il voto gli conviene

Fenomeno Dem alle regionali, crac di 5 Stelle e Forza Italia

di Francesco Volpi

Non si ferma l’onda lunga che ha portato il Pd di Matteo Renzi ad ottenere una netta affermazione alle elezioni Europee. Ottenuti 31 seggi all’Europarlamento il partito del Premier ha dominato anche alle regionali e alle amministrative, confermandosi il primo in Italia. In ballo c’erano due regioni da strappare al centrodestra: Piemonte e Abruzzo. Missione compiuta.

Piemonte
Roberto Chiamparino si è infatti affermato come nuovo governatore piemontese. L’ex sindaco di Torino ha avuto la meglio su Gilberto Pichetto Fratin (Fi, Lega Nord) e Davide Bono (Movimento 5 Stelle). A Chiamparino è andato il 46,9% dei suffragi contro il 22,4 di Fratin e il 21,3 di Bono.

Abruzzo
Pd a valanga anche in Abruzzo. Il candidato democrat, Luciano D’Alfonso, si è aggiudicato infatti la poltrona di governatore con oltre il 46,9% dei voti. Esce dunque sconfitto l’ex presidente regionale, Giovanni Chiodi (Fi, Ncd) che non è riuscito nemmeno a raggiungere il 30% dei consensi attorno al suo nome.
Il M5S chiude terzo in Abruzzo. La sua candidata, Sara Marcozzi, dopo un inzio spoglio promettente si è attestato al 20,80 %.

Amministrative
Domenica è stata anche la giornata delle elezioni per il rinnovo dei consigli di oltre quattromila comuni italiani. Tra questi diversi capoluoghi. Scontata l’affermazione del centrosinistra a Reggio Emilia. Luca Vecchi, sostenuto tra gli altri da Pd e Sel, ha ottenuto il 56,78%. Secondo il pentastellato Norberto Vaccari, con il 17,05%. Più distaccata (13,01%) Donatella Prampolini di Fi e Ncd.
A Modena sarà ballottaggio tra il candidato del centrosinistra Giancarlo Muzzarelli e quello del Movimento 5 Stelle Marco Bortolotti, con il primo in netto vantaggio sul secondo (49,71% contro il 16,33 % del pentastellato).
A Bari testa a testa tra Antonio De Caro e Mimmo De Paola. De Caro, candidato del Pd, ha raggiunto il 49,24% delle preferenze, contro il 36,19% di De Paola del centrodestra.
Si andrà invece al ballottaggio a Livorno e Padova. Nel capoluogo toscano Marco Ruggeri sostenuto dal Pd e Sel è in vantaggio ma non è riuscito a superare il quorum al primo turno, a causa della concorrenza a sinistra di una coalizione che ha raccolto più del 16%. Ne ha approfittato Filippo Nogarin del Movimento 5 Stelle che si è attestato al 19,01 %. A Padova sarà testa a testa tra due settimane fra Ivo Rossi (Pd, Sel e altri che ha preso il 33,86%) e Massimo Bitonci, candidato del centrodestra che ha raggiunto quota 31,41%. Si andrà al secondo turno anche a Pavia tra Alessandro Cattaneo (il “formattatore” candidato, tra gli altri, da Forza Italia e Lega Nord) e Massimo De Paoli (Pd, Idv e Verdi).
Ballottaggio anche a Bergamo. e la vedranno Giorgio Gori, presentato dal centronistra che ha raggiunto il 46,48% e Francesco Tentorio del centrodestra. Andiamo nelle isole. Il Partito Democratico trionfa anche a Sassari con Nicola Sanna che ha toccato quota 65,68%, superando Rosanna Arru, presentata da Forza Italia, Fratelli d’Italia e altri. Terzo, sotto il 12%, il candidato del Movimento 5 Stelle, Maurilio Murru.
In Sicilia si votava a Caltanissetta, dove la coalizione di centrosinistra guidata da Giovanni Ruvolo ha ottenuto circa il 47% dei voti utili. Dietro di lui si sono posizionati Michele Giarratana , a capo di una serie di liste civiche. Terzo il candidato del centrodestra (era sostenuto da Forza Italia e Ncd) Sergio Giovanni Iacona. Lontano anni luce (sfiora il 10%) Giovanni Magrì, candidato con il Movimento 5 Stelle.

 

#Alfanostaisereno: Matteo smentisce il voto

di Sergio Patti

Vogliamo rispettare le scadenze elettorali, ha detto ieri Matteo Renzi cercando di rassicurare gli alleati con le ossa rotte (Ncd, ma anche Berlusconi, senza il cui sostegno non sarebbe possibile proseguire nelle riforme) sul rischio di nuove elezioni politiche dietro l’angolo. D’altra parte la maggioranza in Parlamento è risicata e cavalcare l’onda lunga del trionfo alle Europee legittima a immaginare che il premier possa chiedere presto le urne. L’analisi del voto, per come è stata presentata dallo stesso Renzi, dice che “L’Italia c’è e non si rassegna, non si spaventa di fronte alle minacce. È un Paese migliore di quel che pensiamo – ha aggiunto il Presidente del Consiglio -, più forte delle paure che l’attraversano e adesso è in grado di incidere in Europa”.

Un vero record
Di certo il 40,8% di consensi, doppiando di fatto il M5s, per il Pd sono un risultato straordinario. C’è chi lo ha definito storico. “Si è trattato di un voto di speranza straordinario, non di un referendum sul governo”, ha aggiunto il premier, anche se di fatto adesso il verdetto delle urne sa di legittimazione per l’esecutivo. E anche qualcosa in più, visto che i Democratici italiani, considerati l’anello debole della grande famiglia socialista europea, escono dai seggi da primo partito dell’intera area socialdemocratica dell’Unione, ottenendo più seggi della Spd tedesca (31 a 27), il partito del candidato alla presidenza della Commissione Ue, Martin Schulz. Così l’Italia è in grado di incidere di più in Europa. Una responsabilità che impone di “abbassare i toni e alzare le ambizioni”, perché “questo è il momento dell’Italia, che deve guidare il semestre e il percorso di cambiamento dell’Europa partendo dall’assunto che dobbiamo prima di tutto cambiare noi stessi”. Ora però non c’è più tempo per rinviare le riforme, non ci sono più alibi, ha detto, spiegando di voler arrivare al semestre europeo a guida italiana con umiltà, responsabilità e precisione.

Il percorso delle Riforme
“Il fatto che il 40% di italiani abbia espresso per la prima volta la propria fiducia in un partito di centrosinistra significa che è stato dato alla speranza il doppio dei voti rispetto alla rabbia”, è la conclusione con cui Renzi spiega il successo. Ma il nodo delle ripercussioni sugli equilibri politici interni e sull’intesa con Forza Italia sulle riforme resta. La strategia per il momento è di rinviare ogni mossa. Il voto non cambierà le intese sull’Italicum perchè Forza Italia non abbandonerà il percorso fatto fin qui, ha preventivato Renzi. Ma se le cose andranno davvero così dipenderà da molti fattori. L’agibilità parlamentare, per cominciare, visto che fino a ieri non si riusciva a far passare quasi nulla senza dover mettere la fiducia. In questo senso ha lanciato una cima verso i Cinque Stelle, augurando l’avvio di una riflessione nel M5S e la partecipazione al tavolo delle riforme: “Noi siamo convinti che la nuova legge elettorale deve essere una grande riforma da scrivere insieme”. Dove c’è meno da riflettere è nel suo partito, un Pd non ancora interamente “renzizzato”. Per questo la rottamazione non è finita, Anzi “direi che può iniziare”, ha continuato Renzi, “il Pd può essere la terza via tra populisti e restauratori”.

Le prossime mosse
Tornando all’ipotesi di un veloce ritorno alle urne, per le politiche che potrebbero consolidare la sua guida (e il percorso delle riforme) renzi ha detto chiaro e tondo di non avere nessuna intenzione di andare al voto prima del tempo: “Nessun voto anticipato, vogliamo rispettare la naturale scadenza della legislatura nel 2018. Gli italiani adesso vogliono vedere dei risultati, non tornare a votare. E noi non molliamo su nessuna riforma”. Se non avesse detto a Enrico Letta di stare sereno a Palazzo Chigi, per poi pugnalarlo alle spalle, sarebbe più facile crederci. Il percorso delle riforme comunque va avanti, a partire da quella del lavoro, che dopo il varo del decreto “va accelerata con l’approvazione del ddl delega” perchè, ha detto Renzi, “su questo punto giochiamo larga parte della nostra credibilità internazionale”. Tanta carne al fuoco, dunque. Con una promessa: “Il bello deve ancora cominciare, la sfida parte adesso”.

 

Il crac del Centrodestra: Alfano e Berlusconi pronti a tornare insieme

di Antonello Di Lella

Forza Italia ridotta ai minimi termini. Nuovo Centrodestra salvo per miracolo. Fratelli d’Italia fuori dai giochi. Una scoppola in tutto e per tutto quella rimediata dall’ala moderata. Quanto alle europee, tanto alle amministrative. E allora se il concetto di rifondare tutto viene ora fermamente respinto, tra le fila del centrodestra si torna a parlare di riunificare le forze. Quelle che si sono separate e che da sole, dati alla mano, non sono in grado in questo preciso momento storico di andare da nessuna parte. Silvio Berlusconi, Angelino Alfano e Mariastella Gelmini, chi più chi meno, lo hanno fatto intendere che tornare a dialogare è una priorità non più rinviabile. Un discorso che vede molto interessata anche la Lega Nord di Matteo Salvini rinvigorita dal 6% ottenuto. E pronta a trattare con le forze di centrodestra in una posizione dominante rispetto al Nuovo Centrodestra che non supera il 4% o Fratelli d’Italia che a quella soglia nemmeno si è avvicinata.

Debacle azzurra
“Il risultato di Forza Italia è stato inferiore alle mie attese”, conferma il leader Berlusconi, “ma il partito azzurro si conferma il perno insostituibile del centrodestra, l’asse attorno al quale ricostruire una coalizione in grado di contendere la vittoria alla sinistra alle prossime elezioni politiche”. L’intervento del Cavaliere arriva sul sito di Forza Italia, anche lui sceglie la rete per commentare la sconfitta. Una vera e propria debacle a dire il vero. Con un dato che si è attestato anche al di sotto di quelli previsti dai sondaggi. Percentuali che fanno riflettere e che portano Berlusconi alle dirette conseguenze: “La mia stella polare resta l’unità delle forze moderate alternative alla sinistra”, ribadisce il Cav che torna a parlare anche dei possibili scenari sull’asse governativa, “siamo i partner decisivi, senza di noi in Parlamento non ci sono i numeri per fare riforme vere e durature per il Paese. Siamo un’opposizione intransigente ma responsabile. Mi congratulo con Renzi ora vedremo come utilizzerà il successo ottenuto”.

Ritorno all’ovile
Ad aprire sul possibile ritorno alle origini con l’asse Berlusconi-Alfano anche la coordinatrice di Forza Italia in Lombardia Mariastella Gelmini: “Il partito è pronto a una nuova alleanza con le forze popolari e moderate”. Pone le basi per una nuova allenza, ma a certe condizioni anche il consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti (candidato alle Europee ed eletto): “Chi sognava un centrodestra senza Berlusconi si è fermato. Forza Italia pur avendo avuto un risultato sotto le aspettative resta il principale partito del centrodestra in Italia”. Anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano (Ncd) si dice pronto a ricucire la frattura, a determinate condizioni: “Potremo parlare concretamente di una rifondazione del campo dei moderati con Forza Italia quando loro avranno capito che il mondo è cambiato. Anche se dalle dichiarazioni di queste ore ho già capito che non è così. Quando succederà ci facciano uno squillo, ma per ora non mi pare”. Non resta che attendere le prossime mosse.