Renzi si scopre Usa e getta

di Stefano Sansonetti

Una botta di non poco conto, verosimilmente arrivata a sorpresa. A essere colpito in pieno volto è Matteo Renzi, che stavolta non sembra aver trovato troppa fortuna negli Stati Uniti. Eppure in molti hanno segnalato, nei giorni scorsi, come il presidente del consiglio italiano sia stato “spinto” verso palazzo Chigi anche dagli Usa. Si dà però il caso che, proprio nei giorni in cui Renzi ha ricevuto la telefonata di Barack Obama, dagli Stati Uniti è partito un report che stronca quasi sul nascere l’avventura del nuovo premier. Il quale, dice l’analisi, “dovrà dipendere da un parlamento agitato e da una fragile coalizione di governo”. Situazione che “minerà gli ambiziosi piani di riforma del nuovo esecutivo”. Di più, renderà “improbabile che Renzi realizzi il suo programma”. E si tratta solo di un assaggio.

Gli analisti
A mettere nero su bianco tutte queste considerazioni, in un report intitolato “Italy’s new prime minister faces familiar problems”, è l’americana Stratfor, ovvero una delle più grandi società di global intelligence, spesso considerata una sorta di “Cia privata”. Definizione ancora più diffusa da quando, qualche anno fa, Anonymous e Wikileaks hanno svelato come nei database della società Usa ci fossero circa 5 milioni di e-mail riconducibili a organizzazioni di mezzo mondo. Testimonianza, a quanto pare, della gran rete di informatori che girano intorno a Stratfor, la cui attività è diretta dal politologo George Friedman ed è animata dalle analisi di Robert D. Kaplan, già consigliere dell’ex ministro della Difesa Robert Gates (amministrazioni Bush e Obama). A tutto questo si aggiunga che i report di Stratfor hanno una gran forza di penetrazione tra le istituzioni pubbliche e private, tra cui ovviamente anche gli investitori internazionali. Ragion per cui i contenuti dell’analisi non faranno piacere a Renzi, che nei mesi scorsi ha svolto un dettagliato lavoro di accreditamento presso gli Usa anche attraverso uno dei suoi consulenti economici, Yoram Gutgeld, politico israeliano naturalizzato italiano, profondo conoscitore degli Stati Uniti grazie all’esperienza di senior partner del colosso della consulenza McKinsey. Sta di fatto che già dall’introduzione il report assume toni piuttosto duri. Ma è nell’analisi degli ostacoli che Stratfor va giù duro. “Renzi si troverà sotto una considerevole pressione a livello interno”, si legge in un passaggio, perché “il nuovo primo ministro dovrà affrontare un’implacabile opposizione di due avversari populisti”. Uno di questi è il M5S di Beppe Grillo. Accanto, però, Stratfor mette anche Forza Italia di Silvio Berlusconi, che in Italia molti vedono in sintonia con il nuovo premier. Cosa ha in mente la società americana? Lo spiega subito dopo, quando dice che i due movimenti “intensificheranno la loro retorica anti-tasse e anti-euro, rimproverando a Renzi il suo adeguarsi alla Germania”. E questa retorica “subirà un’escalation nei prossimi mesi, raggiungendo il suo punto più alto nelle settimane che precedono le elezioni europee di maggio”.

Le minacce vicine
Ci sono poi i problemi di casa. Sul punto “Renzi subirà pressioni dall’interno del Pd”, perché “l’ala sinistra spingerà il premier a ignorare le pressioni di Bruxelles e proverà a indebolire la riforma del lavoro, premendo per preservare quelle misure che proteggono i lavoratori dai licenziamenti ingiustificati”. Ancora, “l’Italia ha cambiato primo ministro, ma la composizione del parlamento è rimasta la stessa. I politici italiani sono sfuggiti al voto, ma così facendo hanno solo ottenuto stabilità nel breve periodo prolungando lo stallo in parlamento”. La conclusione è drastica: “Mentre alcune riforme saranno probabilmente approvate, come quella elettorale, le altre saranno rinviate e attenuate per venire incontro alle contraddittorie richieste della coalizione di governo”. E così, “nonostante la sua promessa di guidare il governo fino alla fine del 2018, è improbabile che Renzi rimarrà al potere tanto a lungo”. Per carità, alcuni giudizi paiono sin troppo semplicistici. Ma dagli Usa arrivano i primi dubbi.

Twitter: @SSansonetti