Riforma bluff a viale Mazzini. La politica rimane padrona della Rai. Nel nuovo Cda 4 membri nominati dal Parlamento più due dal Tesoro compreso l’Ad

E alla fine la montagna partorì il solito topolino. Solo che quanto “concepito” da Palazzo Chigi, un ratto con le fauci di un coccodrillo, avrà il potere di consegnare nelle mani del governo l’intero controllo della Rai. Perché il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, avrà pure buon gioco nel dire al teleutente che paga il canone che con questo disegno legge l’esecutivo mette i partiti fuori da viale Mazzini; ma non dice che, nominando l’amministratore delegato il governo si prende le chiavi dell’azienda, lasciando alla politica due stanze di compensazione: il Cda ridotto, da 9 a 7 membri, e la permanenza della commissione di vigilanza sulla Rai.

LE NOVITA’
Entrambi gli organi avranno soltanto poteri di controllo e di indirizzo. Ma chi manovrerà il timone dell’azienda sarà solo e soltanto il nuovo amministratore delegato. Scelto da Renzi. L’unico ostacolo sulla presa di Viale Mazzini da parte del premier è rappresentato da Camera e Senato. Insomma, dopo aver incassato il no del Quirinale sull’ipotesi del decreto legge e aver ingaggiato un vero e proprio corpo a corpo con il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, padre della legge attualmente in vigore, nella convinzione di non dover trattare con l’opposizione, Renzi è stato costretto a venire a più miti consigli. Per due ordini di ragioni. Ncd aveva manifestato da subito la propria indisponibilità al decreto legge. Una volta imboccata la strada del ddl, Renzi è sceso patti tanto con gli alleati della maggioranza quanto con l’opposizione al quale ha concesso l’onore delle armi: posti nel Cda e permanenza della Commissione di Vigilanza.

I TEMPI
Ora i partiti dovranno fare alla svelta. Altrimenti la governance della Rai sarà rinnovata con la Gasparri, è il ricatto messo sul tavolo da Renzi. Infine il coinvolgimento delle maestranze della Rai, che potranno nominare un loro rappresentate nel cda. In realtà di tratta di una mano tesa del premier all’Usigrai, il potente e unico sindacato dei giornalisti della tv pubblica. Senza il loro appoggio il governo rischia di essere un anatra zoppa dentro all’azienda.