Riforme

di Gaetano Pedullà

Dirigenti licenziabili e permessi sindacali dimezzati, tagli agli sprechi (che senso hanno non una ma cinque scuole di formazione?) e centrali uniche anche per gli acquisti del comparto sicurezza. Fino all’accorpamento di uffici come Aci e Motorizzazione civile. Nel progetto di riforma della Pubblica amministrazione presentato ieri dal governo c’è un rosario di buone intenzioni. Ma quando Renzi in conferenza stampa a Palazzo Chigi ha annunciato che prima di varare il provvedimento in Consiglio dei ministri (tempo limite il 13 giugno prossimo) si parlerà coi sindacati è apparso chiaro che pure questa riforma rischia di restare nel libro dei sogni. Se è vero infatti che la Pubblica amministrazione italiana ha bisogno di una riforma radicale, è anche vero che è diventata estremamente costosa e inefficiente proprio a causa di quei sindacati che ne hanno fatto terreno di proselitismo e clientele, strappando privilegi che sono sotto gli occhi di tutti. Per fare le riforme sul serio, e non limitarsi agli annunci o ad approvare minestroni (che poi si riducono in minestrine) oggi servono invece le cesoie. Belle parole a parte, Renzi vuole usarle o no? A vedere alcuni fatti concreti si direbbe proprio di no. Le nomine annunciate ieri dalla Cassa Depositi e Prestiti in Terna sono da antologia. Alla faccia del conflitto di interessi si nomina nel Cda della società che regola il trasporto dell’energia Fabio Corsico, uomo di fiducia di quel Franco Caltagirone che è il primo azionista privato dell’Acea, azienda che l’energia la produce. L’avesse fatto Berlusconi tutti avrebbero gridato al conflitto di interessi. Lo fanno Renzi e Caltagirone e il conflitto non c’è più. Bel rinnovamento!