Riforme. Molte parole. Niente fatti

di Gaetano Pedullà

L’Italia ha bisogno di riforme radicali, non basta il cacciavite. La ricetta non è una novità, ma Matteo Renzi ha fatto bene a rilanciarla alla festa del Pd di Genova. Questo giornale, con le denunce, i retroscena, le notizie di prima mano che pubblica ogni giorno, lo dice mostrandovi fatti inoppugnabili. Abbiamo regole superate, uomini vecchi e uno Stato che non è più capace di rinnovarsi da solo. Tutti lo diciamo: In politica, in economia, nelle amministrazioni centrali come in quelle locali, c’è bisogno di cambiare. Ma poi nulla cambia. Perché chi sta ai piani alti alla fine tiene famiglia. Anche Renzi, oggi il leader che incarna più forte quest’ansia di rottamazione. Come spiegare diversamente l’invito al cambiamento da una parte e il sostegno a un governo delle larghe intese (sulla conservazione) dall’altro? Certo, nelle pagine interne oggi Peppino Calderola ci racconta come Matteo (Renzi) ed Enrico (Letta) sembrano la riedizione di un brutto film (per il Pd) già visto: Veltroni e D’ Alema, fratelli coltelli. Ma nel pantano della politica italiana invocare le riforme non basta. Le promesse di lealtà di giorno e le congiure la notte non si capiscono. Le comprensibili manovre per il congresso del Partito democratico, i trabocchetti di partito, le rivalità e le convenienze se si traducono in comportamenti ambigui diventano teatrino della politica. Così come non si capisce come si possa sostenere il cambiamento e poi comunque tenere in piedi un governo che non ha messo sul serio in rampa di lancio una sola vera riforma. E dire che sono solo le riforme la strada per ripartire. Una strada che il Centrodestra aveva indicato venti anni fa, prima di perdersi nelle beghe interne e sostituire oggi quelle parole d’ordine con un’altra partita, il diritto all’esistenza in politica del suo leader. Una partita anche questa di grandi princìpi, ma mai determinante per il futuro del Paese (ed elettoralmente premiante) come voler cambiare l’Italia alle fondamenta.