Rimborsi, tutta l’Italia è Paese. Nella lista dei furbi ci sono pure Emilia Romagna e Piemonte.

di Clemente Pistilli

Tra chi si fa rimborsare anche il cappuccino e chi va in viaggio a spese dei contribuenti, le indagini in corso sull’impiego dei contributi da parte dei gruppi consiliari nelle Regioni sta facendo emergere uno spaccato di malcostume che tocca l’Italia da Nord a Sud e che coinvolge tutti i partiti, bruciando centinaia di migliaia di euro destinati al buon funzionamento della politica e nella pratica utilizzati per insopportabili privilegi di casta. Accertamenti iniziati dopo il cosiddetto “caso Fiorito”, il crollo della giunta Polverini nel Lazio e la presa di coscienza collettiva su quanto accadeva con i rimborsi ai consiglieri regionali. Tra inchieste penali, contabili e verifiche di bilancio compiute dalla Corte dei Conti, in base alla legge varata ad hoc il 7 dicembre scorso, in meno di un anno “Il Batman” di Anagni sembra sempre più il Mario Chiesa di “Tangentopoli”.

L’intervento della Corte dei Conti

Nella regione retta dal leghista Roberto Cota, dove sul fronte penale per i rimborsi ai gruppi consiliari sono già indagati 56 politici ed è emerso che quel denaro è stato utilizzato persino per acquistare briglie da cavallo, la Corte dei Conti ha ritenuto non regolari i rendiconti dei gruppi “Moderati”, “Per la Federazione-Sinistra Europea” e “Uniti per Bresso”. Le spese effettuate non hanno convinto i giudici e ai tre gruppi sono stati dati trenta giorni di tempo per fare chiarezza sui rendiconti incriminati. Ritenuta irregolare, invece, nonostante le spiegazioni fornite, la rendicontazione di gruppi della Regione Emilia-Romagna, grillini compresi. Anche nel bolognese sono diverse le indagini aperte su tale fronte, contestando ai politici persino interviste a pagamento. La sezione di controllo non ha approvato i rendiconti da oltre 90mila euro della Federazione della sinistra, da 147mila dell’Idv, da 97.600 del gruppo Misto, da oltre 673mila euro del Pd, da 390mila del Pdl, da 193mila della Lega, da quasi 27mila del Movimento5Stelle, da 165.500 di Sel e da 47.800 dell’Udc. Le spese maggiori? Consulenze e rappresentanza, una voce in cui finisce un po’ di tutto. Una situazione segnalata anche alla Procura presso la Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica di Bologna.

Il caso Umbria

Particolare quanto riscontrato nel cuore verde d’Italia. La sezione di controllo della Corte dei Conti ha ritenuto solo parzialmente irregolari i rendiconti, ma “bocciato” le giustificazioni presentate dai politici dell’Umbria dinanzi alle richieste di chiarimenti sulle spese. Prima hanno detto che su quei conti c’era una certa riservatezza e poi che da loro è prassi fare l’autocertificazione per giustificare i rimborsi.

Non si salva (quasi) nessuno

Meglio è andata in Abruzzo, dove la sezione di controllo contabile ha ritenuto non regolare solo il rendiconto del gruppo Misto. Ma pesante la situazione riscontrata in Molise, Veneto e Lombardia. Nella regione più piccola d’Italia sono stati ritenuti irregolari i rendiconti dei gruppi Grande Sud, Udeur, Pdl, Rifondazione, Molise Civile, Alternativa, Costruire democrazia, Alleanza di centro e Idv. Una situazione in cui, sul fronte penale, è spuntato fuori che alcuni consiglieri si sarebbero fatti pagare persino gelati e pizze. In Veneto, oltre a ritenere inadempiente sul rendiconto la Lega, i giudici hanno invece considerate irregolari le spese fatte da Unione (14.850 euro), Rifondazione, Pdl (273.573 euro), Pd (112.701 euro), Udc (90mila euro), Idv (33mila euro), Bortolussi presidente (1.300 euro) e gruppo Misto (15.200 euro). In Lombardia, dove sul fronte penale ha destato scalpore il fatto che Nicole Minetti si sia fatta rimborsare anche il libro “Mignottocrazia”, irregolari i conti del Pdl (297.721 euro), Pd (46.256 euro), Lega (597.525 euro), IdV (12.365 euro), Udc (48.886 euro), Sel (10.308 euro) e Pensionati (827 euro). In Calabria, infine, riscontrata una situazione tale da non consentire neppure l’avvio del controllo. Il tutto senza contare che Procure ordinarie e contabili stanno indagando anche sulla Campania, con 53 avvisi di garanzia, Friuli, Marche, Puglia, Liguria, Sicilia, Sardegna e Basilicata, dove ci sono stati anche arresti, oltre naturalmente al Lazio. Difficile che vi sia ora qualcuno che siede nei consigli regionali che possa dirsi senza peccato.