Rinascita gonfia le vendite. Fondi ai giornali, che truffa

di Martino Villosio

Coincidenze della cronaca. Nel giorno in cui Valter Lavitola, l’ex editore de “L’Avanti” condannato in primo grado a tre anni e otto mesi per truffa nella gestione dei contributi all’editoria, ha ottenuto gli arresti domiciliari nel processo per la tentata estorsione a Berlusconi, su un’altra testata dal nome storico nella tradizione della sinistra italiana piomba l’accusa di aver percepito indebitamente fondi pubblici. Questa volta si tratta di “Rinascita”, quotidiano nazionale che ha ereditato il nome della “gloriosa” rivista del Partito Comunista Italiano chiusa nel 1991. In realtà il giornale è nato nel 1998 sulle ceneri di un’altra testata, “L’Umanità”, ex organo del partito socialdemocratico, fondato da Matteotti e Saragat e chiuso nel 1997 dopo essere stato per qualche anno la voce della galassia socialista squassata dallo tsunami Tangentopoli.

Vendite gonfiate

La Procura di Roma, che indaga per truffa aggravata ai danni dello Stato, contesta al presidente del cda della cooperativa che pubblica “Rinascita”, a sua volta membro della redazione del quotidiano, di aver attestato falsamente la vendita di centinaia di migliaia copie nel 2009, allo scopo di beneficiare dei contributi pubblici erogati dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio. Per questo i finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato alla cooperativa sei fabbricati, 21 terreni, una serie di beni mobili, conti correnti e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 2,3 milioni di euro.Per beneficiare dei contributi pubblici, spiegano gli inquirenti, la legge sui fondi per l’editoria prevede che la diffusione totale di una testata sia pari almeno al 25 per cento sulla tiratura netta. Visto che nel 2009 la tiratura di “Rinascita” è stata pari a 3,7 milioni di copie e i giornali venduti 934.632, la percentuale di vendite falsamente attestate avrebbe permesso al giornale di raggiungere la quota necessaria ad incassare i fondi dispensati da Palazzo Chigi. Il numero di copie “gonfiate” si aggirerebbe intorno a quota 300.000.

Le imprese di pulizia
Gli inquirenti si sono concentrati in particolare su due imprese di pulizia e disinfestazione, a cui la cooperativa editrice di “Rinascita” avrebbe fintamente attribuito l’acquisto di un altissimo numero di copie. In altri casi le copie sarebbero state cedute per la commercializzazione a società che, al riscontro dei relativi codici fiscali, sono risultate cessate o non ancora attive. La società editrice che avrebbe gonfiato le vendite nel 2009 non è la stessa che oggi pubblica il quotidiano: nel frattempo la testata è passata nelle mani di un’altra cooperativa, nella quale è confluita una parte dei vecchi soci. “Dalla metà del 2010 in poi non riceviamo più fondi pubblici”, rivendica il direttore del quotidiano Ugo Gaudenzi, “e sono un po’ sorpreso dal fatto che il pm non abbia voluto ascoltarci e darci una possibilità di difesa prima di procedere al sequestro”.

Assalto al pluralismo

Sedici redattori, una diffusione capillare sul territorio italiano (all’epoca dei fatti contestati il giornale arrivava in 64 città italiane), un manifesto che definisce il giornale “l’unico quotidiano italiano fuori dalla massa, che ha il coraggio di dire le cose come stanno realmente”, “Rinascita” ha potuto permettersi per anni due sedi di corrispondenza (a Belgrado e a Parigi), più una serie di redazioni locali sparse da Verona a Napoli. “Negli ultimi tempi però stiamo tagliando molto”, spiega ancora Gaudenzi, non senza un sussulto d’orgoglio: “Le nostre vendite sono sulla media di quelle del Foglio. Ora con questa mazzata cominciamo a temere per la pubblicità e per il rapporto con le banche. Così si colpisce anche il pluralismo in Italia, noi siamo rimasti l’unica voce alternativa di un socialismo di popolo”. La Guardia di Finanza fa sapere intanto che nei primi mesi del 2013, il Gruppo Tutela Spesa Pubblica ha scoperto frodi per circa 9,8 milioni di euro in relazione all’indebita percezione di contributi pubblici da parte di case editrici, con quattro persone denunciate. E potrebbe non essere finita qui.