Riparte il teatrino sulle banche. Ora Salvini finge di volerle tassare

E FI per ripicca boccia la rottamazione cara alla Lega. Tajani: “Si tratta di una misura una tantum meglio il taglio Irpef”

Riparte il teatrino sulle banche. Ora Salvini finge di volerle tassare

Siamo alle solite. Alla vigilia dell’apertura ufficiale del cantiere della Manovra i partiti di maggioranza riprendono a sventolare le proprie bandierine, a caccia di consenso politico, con tanto di polemiche al seguito. Ancora una volta, terreno di scontro sono le banche e protagonisti del duello sono Forza Italia e Lega. Con il primo partito a fare da megafono alle ragioni degli istituti di credito e il secondo a far finta di voler imporre loro misure punitive. In mezzo si colloca come al solito Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Le proposte…

La Lega ha già fatto sapere quali sono le sue proposte essenziali e le ha ribadite in una riunione al Mit con Matteo Salvini, a cui ha partecipato in chiave politica lo stesso ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Si parte dalla difesa del reddito delle famiglie, dalla rottamazione, dall’estensione della flat tax al 15% ma si insiste ancora sulla necessità di “un maggiore contributo (da destinare a famiglie e imprese) da parte di realtà finanziarie che stanno facendo decine di miliardi di euro di profitti”. Leggi, le banche. Subito pronta la replica di Forza Italia che sminuisce, per ripicca, la proposta leghista sulla rottamazione e rilancia sul taglio dell’Irpef al ceto medio e su misure per i salari poveri.

…rispedite al mittente

“Per noi è importante aiutare il ceto medio perché rappresenta la colonna vertebrale del Paese”. La priorità è la “riduzione Irpef allargando la base fino a sessantamila euro e la riduzione dell’Ires premiale, su questo lavoriamo con proposte concrete”, ha detto il vicepresidente del Consiglio e leader di FI, Antonio Tajani.

“Vogliamo ridurre la pressione fiscale sui lavoratori che guadagnano di meno. Un’idea potrebbe essere quella di eliminare la parte contributiva ai lavoratori che guadagnano sette euro e mezzo l’ora e nove euro lordi l’ora. Non si potrà fare tutto in una manovra ma in prospettiva serve lavorare in questa direzione. La rottamazione è proposta una tantum, non siamo contrari, ma la priorità è la riduzione dell’Irpef che non è una proposta una tantum”, ha concluso Tajani.

“Dobbiamo insistere per un credito sempre più conveniente per imprese e famiglie. Altre tasse farebbero crescere il costo del denaro danneggiando aziende e famiglie. E scoraggerebbero investimenti interni e internazionali. Roba adatta a Massimo D’Alema che scodinzola a Pechino tra dittatori comunisti”, dice Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, intervistato da Affaritaliani.

Sempre ad Affaritaliani Marco Osnato, responsabile economico di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Finanze della Camera, rispondendo alle durissime critiche del dem Antonio Misiani, dice: “Per quanto riguarda gli extra-profitti, se Misiani ha una proposta la faccia. Evidentemente possiamo notare una certa vicinanza alla proposta di Salvini, questo asse Pd-Lega è interessante e se faranno una buona proposta potremo considerarla”.

Vane promesse

Misiani, al pari del M5S, rinfaccia al governo di aver fatto finta di voler tassare gli extraprofitti delle banche, “mettendo in scena ripetutamente una pantomima finita regolarmente nel nulla”.

Nell’agosto del 2023, il leader del partito di Giorgetti, Salvini, a sorpresa, annunciava che il Consiglio dei ministri aveva approvato un “prelievo sugli extraprofitti delle banche”, definendolo una “misura di equità sociale”, limitata solo al 2023. Tutti gli introiti sarebbero andati, prometteva il vicepremier, in “aiuto per i mutui delle prime case, sottoscritti in tempi diversi rispetto agli attuali, e il taglio delle tasse”.

Il leader della Lega indicava poi che lo Stato avrebbe incassato “alcuni miliardi” (le stime si aggiravano intorno ai 2,5). Meloni difese la scelta di tassare quelli che definì come “margini ingiusti” delle banche. Peccato che poi il governo, di fronte alle proteste degli istituti di credito, abbia fatto una penosa marcia indietro, smontando di fatto la misura, ovvero prevedendo la possibilità per le banche di non pagare la tassa purché destinassero un importo pari a due volte e mezzo il suo valore per rafforzare il loro patrimonio. E tutte le banche ovviamente hanno optato per questa seconda strada.