Riscaldamenti a legna, fabbrica di polveri sottili. I combustibili per la casa hanno impatti diversi. Si fa poco però per ridurre i più pericolosi

È di pochi giorni fa l’annuncio di interventi per oltre 5 miliardi di euro da parte del Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti per migliorare la qualità dell’aria. Le nuove misure proposte rispondono all’esortazione della Commissione Europea rivolta all’Italia, insieme ad altri Paesi membri dell’Ue, a prendere seri provvedimenti per limitare il numero di giorni di sforamento dai limiti alle emissioni, pena il rischio di deferimento alla Corte di Giustizia Europea. Al di là delle pesanti sanzioni che l’Italia potrebbe dover affrontare, la questione nasconde un grave problema legato alla salute dei cittadini, che rende le misure annunciate non più rinviabili.
Secondo alcuni dati recentemente presentati dal Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio durante il Convegno “Il ruolo del riscaldamento domestico nell’ambito della qualità dell’aria a scala locale e regionale”, l’inquinamento atmosferico in Italia è il primo tra i fattori di rischio per la salute tra quelli ambientali. Le sostanze inquinanti presenti nell’aria determinano infatti patologie a carico dell’apparato respiratorio come i tumori al polmone, ma anche problemi cardiocircolatori e disturbi cognitivi. Un rischio a cui è esposta una larga parte della popolazione: secondo lo studio Viias realizzato dal ministero della Salute emerge infatti come solo il 19% di tutti gli italiani viva in aree in cui si rispetta del limite di 10 micorgrammi per metro cubo fissato dall’OMS per il PM2.5, una sostanza cancerogena. La stragrande maggioranza della popolazione vive, invece, in aree in cui il dato registrato è superiore. L’impatto di questa situazione sulla salute pubblica è importante: almeno 34.000 decessi annui sono attribuibili all’esposizione al PM2,5, di cui 22500 nelle regioni del nord. La gravità della situazione necessita di misure incisive, in grado di intervenire con decisione sulle maggiori cause di inquinamento.

Le soluzioni – Ai blocchi ai veicoli inquinanti, ai limiti alle emissioni imposti ad aziende e insediamenti industriali, è necessario affiancare una maggiore sensibilizzazione circa il ruolo del riscaldamento domestico, in particolare dell’uso di legna e pellet che sono fortemente responsabili del peggioramento della qualità dell’aria e in particolare delle polveri sottili. Secondo un recente studio comparativo condotto da Innovhub, Stazione Sperimentale della Camera di Commercio di Milano, si osserva infatti una marcata differenza fra i vari combustibili per riscaldamento, con un incremento progressivo di due ordini di grandezza nelle emissioni di PM passando dai combustibili gassosi e il gasolio al pellet e di un altro passando dal pellet alla legna da ardere. “Spero che i risultati di questo nuovo studio scientifico possano costituire la base per i decisori politici affinché effettuino scelte consapevoli di politica ambientale, sanitaria e fiscale che scoraggino l’uso di combustibili inquinanti e valorizzino le fonti energetiche più pulite” ha sottolineato Francesco Franchi, Presidente di Assogasliquidi.