Ritardo record sulla Manovra. Ma solo Conte dava scandalo. Da Italia viva alla Lega, un anno fa tutti protestavano. Ora che si è superata ogni decenza nessuno batte ciglio

Palazzo Madama non ha ancora licenziato la Manovra e Montecitorio dovrà votarla dopo Natale, senza nemmeno sfiorare il testo.

Ritardo record sulla Manovra. Ma solo Conte dava scandalo. Da Italia viva alla Lega, un anno fa tutti protestavano. Ora che si è superata ogni decenza nessuno batte ciglio

Ricorsi alla Consulta, parole infuocate sul rispetto della democrazia, critiche veementi al ritardo record sulla discussione della Legge di Bilancio. In una frase, quella di Matteo Renzi: “Rispetto di tutti i livelli istituzionali”. Sembrerebbe il racconto del risveglio dei partiti nei confronti del governo Draghi, invece è solo il resoconto di quanto avveniva lo scorso anno, con il Conte bis, che effettivamente la Manovra finì per approvarla proprio sul gong.

CHI RICORDA? Anche perché di mezzo c’era la seconda ondata della pandemia. Ma soprattutto bisognava fare i conti con le bizze degli alleati di Italia viva, che di fatto stavano già lavorando alla caduta dell’esecutivo. Rendendo il via libera del provvedimento un campo minato. Con l’arrivo di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio, però, leader e parlamentari hanno accantonato la battaglia, legittima e sacrosanta, sulla tutela delle prerogative di Camera e Senato.

Perché, stando a oggi, Palazzo Madama non ha ancora licenziato la Legge di Bilancio (qui la sintesi) e sicuramente Montecitorio dovrà votarla dopo Natale, senza nemmeno sfiorare il testo (leggi l’articolo). Ma, tra quelli che in passato si sono stracciati le vesti, nessuno batte ciglio. Basta citare proprio Renzi che, dagli scranni di Palazzo Madama, lanciava frecce avvelenate contro Palazzo Chigi: “Se il governo giallo-verde fa la legge di bilancio in quarantotto ore al Senato, si va alla Corte costituzionale, come hanno fatto i colleghi del Pd nel 2018. Se lo fa il Governo giallo-rosso si sta zitti? Non è possibile”.

CREDIBILITà A INTERMITTENZA. L’ex Rottamatore ne faceva una questione di “credibilità”, rievocando anche la mossa dei dem, all’epoca del primo governo Conte, di sollevare il conflitto di attribuzione per la compressione del dibattito parlamentare. Altri tempi davvero: con i Migliori nemmeno si sussurra un’ipotesi del genere. Ma non solo gli italovivi si scatenavano sui tempi della manovra. Lo stesso faceva la Lega, che attraverso Vannia Gava, attuale sottosegretaria al ministero della Transizione ecologica, denunciava la stortura sulla manovra: “Ricordo che è arrivata con ben 35 giorni di ritardo, la stiamo discutendo alla vigilia di Natale e deve ancora fare il passaggio al Senato. In tempi così difficili non ve lo dovevate proprio permettere”.

Un anno dopo, probabilmente, con lei al governo tutto è possibile. Ed è accettabile. Un’altra pasdaran salviniana, Vanessa Cattoi, intervenendo alla Camera, accusava Conte di una “completa disorganizzazione”, che faceva accumulare “ritardi su ritardi”. Una posizione condivisa con l’allora collega di opposizione, Carmela Bucalo, deputata di Fratelli d’Italia: “Il provvedimento più importante per la nostra Nazione, è arrivata in ritardo, in pieno caos emergenziale, senza dare la possibilità in Commissione bilancio di affrontare una vera e propria discussione sugli emendamenti presentati”.

TUTTO PASSATO. E cosa dire della capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini? “Stiamo solo approvando una Legge di bilancio che non ci è neanche stato concesso di leggere!”, tuonava in Aula, sgomenta per il mancato rispetto del lavoro parlamentare. Addirittura il senatore del Pd, Luigi Zanda, seppure con toni più sfumati, ribadiva: “Su questa anomalia dobbiamo saper riflettere con serenità”. Una riflessione che potrebbe essere aperta anche oggi, visto che il provvedimento del governo Draghi è fermo proprio al Senato in attesa di sbloccare il maxiemendamento.

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