Ritorna la storia nera d’Italia

Di Carola Olmi

Una ferita che si riapre. A settanta anni dalla strage nazista di Sant’Anna di Stazzena (Lucca) la Corte federale tedesca ha smentito una precedente decisione e deciso di acconsentire alla riapertura dell’inchiesta su quell’eccidio in cui il 12 agosto 1944 persero la vita 560 civili. Unico indiziato resta Gerhard Sommer, all’epoca comandante dei soldati che per rappresaglia aprirono il fuoco sulla popolazione inerme. Sommer è stato già condannato in Italia all’ergastolo nel 2007. Una strage decisa dai nazisti e dai fascisti per togliere l’appoggio ai partigiani che combattevano nella zona.

Sentenze contrastanti
In Germania però il giudizio non era stato così netto, tanto che il primo ottobre 2012 la Procura di Stoccarda aveva salvato 8 ex SS all’epoca ancora in vita. Una decisione che il capo dello Stato Giorgio Napolitano definì sconcertante. I familiari delle vittime fecero ricorso ma il 21 maggio 2013 l’istanza fu respinta dalla Procura generale di Stoccarda che decise di non procedere nei confronti dei superstiti, tutti ultranovantenni e nel frattempo scesi a cinque. Adesso sono tre quelli ancora in vita, ma la decisione di ieri della corte federale di Karlsruhe apre la possibilità di una incriminazione per il solo ex ufficiale SS Sommer. Gli altri due sono stati ritenuti incapaci di affrontare il processo.

A morte 107 bambini
Il 12 agosto del ’44 a Sant’Anna vennero massacrati in poche ore 560 civili, tra cui 107 bambini rastrellati dalle loro case, ammassati in stalle e massacrati a colpi di mitra o con bombe a mano. Infine fu dato fuoco a tutto, cadaveri compresi. Il procuratore militare di Roma Marco De Paolis – contattato dall’Ansa – si è detto “molto soddisfatto” per la riapertura delle indagini. “È difficile – ha detto – spiegare come per lo stesso fatto, con gli stessi imputati, ci possano essere da una parte dieci condanne all’ergastolo passate in giudicato e, dall’altra, una sentenza di archiviazione secondo cui non ci sono nemmeno i presupposti per fare un processo. La decisione della corte federale di Karlsruhe sembra riequilibrare questa discrasia”.