Roma è ancora nel caos Capitale. Ed è già ripartito il dibattito: tornare subito alle urne? Ecco le ragioni del Sì e del No

Roma rischia una nuova paralisi. E il dibattito si spacca su due fronti. Perché andare al voto subito. E perché non andarci. Vediamo le ragioni

Perché andare al voto subito. L’esperienza Marino dovrebbe insegnare

di Lapo Mazzei

L’esperienza Marino, intesa come Ignazio, dovrebbe essere illuminante. Una città come Roma, Capitale d’Italia e portaerei del turismo nazionale, non può essere considerata merce di scambio per i palleggiamenti politici fra destra e sinistra. È una violenza contro la storia e il buonsenso. L’Urbe ha bisogno di un governo cittadino che voli sopra le beghe del teatrino della politica. Chi decide di amministrarla deve farlo in nome e per conto di chi ci abita e lavora. Dunque il Movimento 5 Stelle quando ha accettato di vincere, perché questo ha fatto, doveva avere la consapevolezza di saperlo, e poterlo, fare. Invece i grillini non solo hanno scelto il candidato sbagliato ma hanno portato  la città  in quel porto delle nebbie rappresentato dalla zona  grigia della politica dove nessuno sceglie, tutti fuggono,  in molti accusano e pochi manifestano il senso di responsabilità. Insomma il caos totale. E proprio perché la situazione è tale i pentastellati, a partire da Beppe Grillo, dovrebbero avere il coraggio di dichiarare il tilt del Campidoglio, mandare in panchina il sindaco Virginia Raggi, sempre ammesso che non lo faccia prima la magistratura, e ripartire da capo. Basterebbe poco: abbiamo sbagliato persona, adesso candidiamo Alessandro Di Battista, tanto per ricordare il nome più in auge per le amministrative, e ripartiamo da capo. Il voto sarebbe il vero, se non  l’unico, lavacro dal quale riemerge con una faccia degna di essere considerata tale. E lo stesso centrosinistra avrebbe un’occasione storica, tornare a pensare a Roma come ad un laboratorio politico, e non ad un ring sul quale consumare le risse interne. Roberto Giachetti, l’antagonista della Raggi, è stato un vuoto a perdere consumato in chiave congressuale. Roma merita rispetto e non il dispetto della politica, abituata all’usa e getta. La monnezza  che produce la politica, a volte, è molto peggio di quella che finisce in discarica. Meglio un voto che un lungo vuoto.

Perché non andare al voto subito. Le urne sarebbero l’ennesima beffa

di Alessia Rossi

E sì, è proprio partendo dal caso Marino, ormai rubricato come tale, che il voto anticipato non è una soluzione ma un voler aggiungere un danno alla beffa. Un danno enorme, sotto tutti i profili. È vero che il Movimento 5 Stelle ha sbagliato molto, non tutto, scegliendo Virginia Raggi, rivelatasi inadeguata al ruolo e fuori sincro rispetto al rumore di fondo della città che va chiedendo  atti e fatti concreti e non ipotesi di scuola, ma è altrettanto vero che tornare alle urne vorrebbe dire consegnare definitivamente Roma all’anarchia.  Semmai è il momento di fare il contrario: costringere Virginia Raggi a fare il sindaco della Capitale, a governare la città, calando la maschera e gettando il cuore oltre l’ostacolo. Certo, molto difficile a farsi, data la vastità dei problemi che zavorrano la città, al punto da farla sembrare una mongolfiera spiaggiata. Una dramma dal quale è necessario uscire il prima possibile. Andare al voto significherebbe mettere un altro coperchio su Roma, consegnando la città ai signori delle preferenze e ai cacicchi delle segreterie di partito, buoni solo per i giochi di potere, ma incapaci di esercitare il potere nel momento in cui la responsabilità è loro. Togliendo dal conteggio la parentesi Alemanno l’urbe è sempre stata in mano alla sinistra che ha usato la città come un taxi. Il candidato di turno saliva a bordo, completava il percorso e arrivava laddove doveva arrivare. Da Francesco Rutelli a Walter Veltroni la storia, grosso modo, è stata questa. Un altro voto ora cambierebbe le cose? Ci sono all’orizzonte nomi e volti pronti a immolarsi per la causa? No, non pare proprio. Certo c’è chi sogna, o prefigura, un duello rusticano fra Alessandro Di Battista e Giovanni Malagò. Ma i sogni, o le previsioni, troppo spesso sono destinati a restare tali. Meglio allora accontentarsi della realtà che inseguire inutili voli pindarici. Che finiscono sempre per sparire all’alba.