Saied rovina la festa a Meloni. La Tunisia non sarà il campo profughi dell’Ue

Il No di Saïed al Governo Italiano: "La Tunisia non accetterà l’insediamento di migranti africani sul proprio territorio".

Saied rovina la festa a Meloni. La Tunisia non sarà il campo profughi dell’Ue

Il portale d’informazione tunisino non ha dubbi, il bilaterale tra il presidente Kaïs Saïed e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto esiti diversi da quelli proiettati dalla stampa governativa delle nostre parti. Il capo dello Stato ha sottolineato che il trattamento della questione migratoria può avvenire solo nell’ambito di un “approccio eminentemente collettivo” e non “individuale o addirittura di sicurezza”, aggiungendo che dovrebbe tenersi presto una conferenza di alto livello per discutere le questioni relative alle strategie e ai programmi di sviluppo da attuare nei paesi africani. Per Saïed, finché c’è speranza e futuro nessuno osa avventurarsi a lasciare il proprio paese a bordo delle imbarcazioni della morte destinate ad altri paesi, denunciando come disumane le condizioni che i migranti irregolari sopportano.

Il No di Saïed al Governo Italiano: “La Tunisia non accetterà l’insediamento di migranti africani sul proprio territorio”

Siamo ben distanti dalla colpevolizzazione dei migranti e la loro vittimizzazione secondaria così care al governo italiano. Ma la frase che i media governativi si sono furbescamente dimenticati di riportare è un’altra. “La Tunisia non accetterà l’insediamento di migranti africani sul proprio territorio”, ha affermato il capo dello stato tunisino, aggiungendo che “la Tunisia sarà un luogo di insediamento solo nel rispetto della legislazione del paese e non nell’ambito di una ‘misura’ o ‘’accordo’ proveniente dall’estero”.

Ieri il ministro Piantedosi è volato in Algeria da dove partono per l’Italia pochissimi migranti

Se il governo italiano ha deciso di finanziare Saïed per fungere da tappo nell’esternalizzazione delle frontiere l’accordo Italia-Tunisia è già bell’e naufragato, con tanti saluti ai porti chiusi in arrivo e in partenza. A proposito di differenze tra la propaganda nostrana e la propaganda in casa d’altri. Ieri il ministro all’Interno Matteo Piantedosi era in visita ufficiale ad Algeri. Inutile dire che nell’agenda dell’inquilino del Viminale ci fosse anche l’immigrazione, tasto dolente di un governo che sul tema non può che ammettere il fallimento. Peccato che l’Algeria sia più che marginale nel computo totale degli arrivi sulle nostre coste. Poco più di 500 persone hanno raggiunto le coste italiane in modo irregolare nel 2023, a fronte di 1.273 arrivi dell’anno precedente.

I pochi “harraga” (migranti illegali) algerini che sbarcano in Sardegna considerano l’Italia come punto di transito e non la destinazione finale. La stragrande maggioranza degli algerini, infatti, vuole raggiungere parenti o amici residenti in Francia o in Spagna, dove vivono milioni rispettivamente 2,5 milioni e 250 mila algerini, secondo le statistiche dei consolati algerini. Secondo le ultime statistiche di gennaio della polizia di Stato italiana, solo 18 algerini risultano attualmente trattenuti nei Centri di permanenza per i rimpatri. Anche in questo caso la retorica sicuritaria si scontra con la realtà. L’Algeria, questo è vero, potrebbe giocare un ruolo sulle partenze dalla Tunisia ma in questo caso si torna alla casella precedente, dove Saïed rimane fermo sulla posizione di non essere a disposizione dell’Italia per raccogliere i migranti che Meloni non vuole.

Sullo sfondo rimangono bene a mente anche la prole del premier albanese Edi Rama che di fronte al suo Parlamento a proposito dell’accordo tra Italia e Albania ci tenne a dire che l’Albania “non sarebbe diventato il campo profughi dell’Italia” ma ammise semplicemente di “avere voluto fare un piacere a Giorgia Meloni”. Come dire: mi hanno chiesto un piacere e li ho accontentati. Nulla di più. Ospite ad Atreju il premier albanese infatti precisò che “dire che questa (l’accordo tra i due Paesi, ndr) è la soluzione è pretenzioso, ma è uno sforzo per trovarla in una situazione dove è chiaro che l’Ue non si capisce sulla soluzione né sull’origine del problema”. È il metodo Meloni: comportarsi in Patria al contrario di come ci si comporta sullo scenario internazionale.