Saltata Atene adesso può saltare l’Europa. Banche chiuse e terrore aspettando la dracma

Non è ancora tutto perduto. Di tempo per salvare la Grecia del fallimento ce n’è fino alle 18 di oggi. E poi, una volta scaduto questo termine, potrebbero ancora arrivare delle sorprese. Un prestito diretto degli Stati Uniti, per esempio, o della Russia di Putin, a tirare il Paese del Partenone di qua o di là nei nuovi scenari geopolitici di un mondo che cambia. C’è poi il referendum di fine settimana e l’Unione europea potrebbe ancora fare ammenda dei suoi peccati. Di sicuro però non ci sarà nessuna deroga dal Fondo monetario internazionale (che ha avuto un peso molto rilevante nel disastro di Atene) e comunque niente potrà più aggiustare la frattura che ha spaccato l’Unione europea.

ESITO NON CASUALE
Che si sia di fronte a uno scenario senza ritorno, al di là di come reagiranno l’Europa, la Grecia e l’Euro, è ben chiaro a tutti i protagonisti del fallimento greco. Lo è alla cancelliera tedesca Angela Merkel, che ieri ha ribadito: “Se l’euro fallisce, l’Europa fallisce”. Lo è chiaro al presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, secondo cui “La prospettiva resta quella di un’Eurozona a 19 membri”, ed è perciò da rifiutare l’idea di un ritorno alla dracma per i greci. Ma lo scenario senza ritorno è altrettanto chiaro a chi ha lavorato per anni col solo fine di arrivare a questo punto: far saltare la Grecia e subito dopo far saltare l’Unione. Una finalità nella quale si sono applicati scientificamente i falchi del rigore tedeschi, con l’obiettivo neanche tanto nascosto di tornare quanto prima al Marco. Dopo aver tratto il massimo giovamento dalla moneta comune, proprio i tedeschi hanno staccato la spina. Un gesto sconsiderato, tanto quanto fu puntare i cannoni contro il continente nella prima e nella seconda guerra mondiale. Volevano la rivincita? Con i greci ci sono riusciti, con l’Italia poco ci manca. Perché a nessuno sfugge che se la nostra economia è a terra il demerito è in parte nostro (e delle riforme che non abbiamo ancora fatto), ma il merito è tutto dei tedeschi e delle pedine che hanno controllato abilmente, a partire da quella Banca centrale europea che solo dopo cinque anni di crisi si è svegliata per mettere (a tempo scaduto) un po’ di liquidità monetaria nel sistema.

BANCOMAT ESAURITI
In attesa di un improbabile Eurosummit straordinario, o del via libera alla proposta di Atene di mantenere il programma di aiuti fino al referendum del 5 luglio, in Grecia ieri è stato un giorno durissimo. le banche resteranno chiuse per sie giorni, proprio come la Borsa. Ai pochi bancomat attivi si possono ritirare massimo 60 euro. Il Paese è nel dramma e non ci sarà mai scusa per giustificare un tale rigore. L’economia greca pesa appena il 2% del Pil europeo. Un’Unione solidale avrebbe potuto facilmente impedire un tale epilogo. Per questo adesso suonano vuote – o ipocrite – le tante dichiarazioni dei leader. Pianti da coccodrillo che accomunano Juncker: “Non è una partita di poker, qui vinciamo o perdiamo tutti” e Merkel: “Ci vuole solidarietà e responsabilità”. Se c’è una speranza questa è piuttosto appesa a Obama, che è intervenuto telefonicamente con Hollande invitandolo a una ripresa del dialogo. Partita difficile per un Paese il cui destino sembra ormai segnato.

Giornata da incubo per le Borse e decolla lo spread

Si temeva un lunedì nero per le Borse mondiali. E lunedì nero è stato. Soprattutto per i mercati periferici, come l’Italia. A fine seduta Madrid ha perso il 4,43%, Londra l’1,97%, Francoforte il 3,56% e Parigi il 3,74%. Con Atene chiusa fino al 6 luglio, il giorno dopo il referendum indetto da Alexis Tsipras, ci ha pensato Milano a fare peggio di tutte, a dimostrazione che se salta la Grecia saremo noi la prima linea del problema Europa. A fine seduta Piazza Affari ha ceduto il 5,17%. Un incubo per le banche con Monte dei Paschi (-10,24%), Ubi Banca (-7,95%) e Popolare di Milano (-7,91%). Tensione ovviamente sullo spread fra i nostri Btp e i Bund tedeschi, arrivato a sfiorare quota 200 punti (197) prima di ritracciare a 159, contro i 123 di venerdì scorso. Il rendimento del debito italiano sale al 2,39%, ai massimi dall’inizio di novembre dello scorso anno, minando la tenuta dei conti italiani. Ogni 100 punti base si traducono in un aumento del costo del debito – per l’Italia – di circa 4 miliardi di euro l’anno.