Salvate il soldato Draghi, i pontieri del Partito democratico e di Forza Italia in campo per tentare il bis. Berlusconi e Salvini attaccano il Movimento “inaffidabile” e puntano a spartirsi i suoi ministeri

Dopo la crisi, i pontieri del Pd e di Forza Italia a lavoro per evitare le urne. Ma Salvare il soldato Draghi è una missione impossibile

Salvate il soldato Draghi, i pontieri del Partito democratico e di Forza Italia in campo per tentare il bis. Berlusconi e Salvini attaccano il Movimento “inaffidabile” e puntano a spartirsi i suoi ministeri

Dopo la crisi politica innescata dal mancato voto del Movimento 5 Stelle al dl Aiuti, nel Parlamento è tempo di riflessioni e trattative. Sono le classiche ore in cui a farla da padrone sono i cosiddetti pontieri che, come sempre accade in questi frangenti concitati tipici della nostra Repubblica, tentano di salvare il salvabile e scongiurare il ritorno alle urne che sembra ormai a un passo.

Già perché al passare delle ore, le possibili soluzioni sul tavolo di Sergio Mattarella si stanno riducendo visto che, a parte la riconferma dell’attuale maggioranza che appare remota, l’ipotesi del traghettatore è tramontata prima ancora di essere affrontata seriamente mentre quella del Draghi bis è stata respinta dal premier.

Verso la resa dei conti

Che fare dunque? Difficile a dirsi perché per il primo scenario – ritenuto preferibile dal Capo dello Stato e da mezzo arco parlamentare – occorre ricomporre i cocci dell’attuale maggioranza. Se i pontieri dovessero riuscirci, allora Mario Draghi resterebbe saldo al comando del Paese e la crisi sarebbe messa in un angolino.

Si tratta dell’opzione su cui tanti stanno lavorando senza sosta e che verrà verificata mercoledì quando il premier si presenterà alle Camere per effettuare delle “comunicazioni” e, salvo colpi di scena, verificare se esiste ancora la maggioranza che lo ha fin qui sostenuto. Il problema è che ricucire lo strappo, appare come un’operazione titanica perché i pontieri da un lato dovranno convincere i molti scettici del Movimento, convinti ad andare fino in fondo in questa crisi, mentre dall’altro devono tenere a bada Matteo Salvini che, scimmiottando Giorgia Meloni, è tornato a cavalcare il ritorno alle urne.

I pontieri del Pd e di Forza Italia a lavoro

In prima fila tra i pontieri ci sono gli uomini del Pd che sono terrorizzati dall’idea di un ritorno alle urne tanto più per l’alleanza con M5S che traballa. Che le cose stiano così lo ha fatto capire il segretario Enrico Letta con un tweet: “Ora ci sono cinque giorni per lavorare affinché il Parlamento confermi la fiducia al governo Draghi e l’Italia esca il più rapidamente possibile dal drammatico avvitamento nel quale si sta entrando in queste ore”. Una soluzione positiva che per Letta è possibile perché è “nell’interesse di tutti che il governo continui nello stesso formato e perimetro politico”.

Nel Centrodestra a fare da mediatori sono soprattutto i presidenti di regione e l’ala governista della Lega, tra cui il ministro Giancarlo Giorgetti convinto che la partita per salvare l’esecutivo non è finita in quanto “esistono i tempi supplementari”, che stanno invitando il segretario Salvini alla moderazione.

Ma in campo ci sono anche i forzisti che, similmente al Pd, stanno provando a far ragionare i propri alleati. A lasciarlo intuire è Silvio Berlusconi secondo cui “di fronte a questa strategia irresponsabile” di Giuseppe Conte, “Forza Italia, consapevole delle emergenze da affrontare, non ha mai abbandonato l’atteggiamento di responsabilità e attende con rispetto le determinazioni del presidente Draghi e le indicazioni che darà il Capo dello Stato”.

I dubbi del premier malgrado i pontieri del Pd e di Forza Italia sono a lavoro

Eppure la partita per i pontieri è ancor più complicata di quanto non sembri. Questo perché lo stesso premier, al contrario di quanto emerso nell’immediatezza della crisi politica, starebbe pensando di chiudere la partita a modo suo. In altre parole Supermario, ormai stanco dei giochi di palazzo, in queste ore starebbe maturando l’intenzione di presentarsi alle Camere mercoledì, senza effettuare una verifica di maggioranza ma soltanto per comunicare il suo (nuovo) passo indietro, questa volta irrevocabile.

Al momento il premier non ha preso una decisione in un senso o nell’altro ma l’esistenza di una simile eventualità, per rispetto istituzionale, sarebbe stata già comunicata a Mattarella.

L’ultima carta sul tavolo, le elezioni

Insomma la strada appare quasi sbarrata. Quel che è certo è che se la maggioranza non dovesse ricompattarsi oppure se il premier dovesse anticipare tutti e farsi da parte, al Quirinale resterebbero ben poche carte da giocare. Sul Draghi bis senza M5S, a parte le aperture – e le speranze -di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, c’è già il veto del presidente del Consiglio e quindi l’ipotesi non sembra percorribile.

Tramontata del tutto, invece, l’opzione di un governo tecnico a guida del ministro dell’Economia, Daniele Franco, oppure dell’ex premier e attuale presidente della Cassazione, Giuliano Amato, perché non trova l’accordo dei leader politici. Per questo, a conti fatti, al Capo dello Stato – il quale ha più volte detto che l’attuale maggioranza sarebbe stata l’ultima di questa legislatura – non resterebbe altra carta che sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate che si dovrebbero tenere in autunno.