Salvini nega, ma le inchieste cominciano a pesare. Dall’affaire Savoini alla vicenda Siri. Il camicigate e i tre commercialisti. Gli elettori della Lega iniziano a farsi delle domande

La Lega è ancora il primo partito in Italia. E questo è un fatto, lo sono però (fatti e non opinioni) anche la fallita spallata al governo, l’improvvido pronostico fatto da Matteo Salvini sulla vittoria del centrodestra 7-0 che ha creato aspettative poi disattese, il calo di consensi spalmato in tutto il Paese ma evidente più che mai al sud e la bruciante sconfitta della leghista Ceccardi in Toscana. Non è un fatto ma una supposizione, invece, quella espressa ieri da Salvini in un’intervista a Radio24: “Io indebolito dentro la Lega? È il desiderio di qualche giornalista”.

I giornalisti fanno il loro lavoro, che è quello di riportare i fatti, analizzarli e darne una lettura. Per fortuna, hanno altri desideri che non sono legati alle sorti del leader della Lega o a quelle di qualunque altro esponente politico. Che poi all’interno della Lega e dell’intera coalizione si sia aperta una riflessione è difficile da smentire, come lo è l’emorragia di consensi per il Carroccio, trend evidente già con le regionali dello scorso gennaio in Calabria e in Emilia Romagna. Indubbiamente l’epic fail del Papeete ha innescato una serie di passi falsi, e non si può non rilevare come gli scandali a sfondo finanziario e le relative inchieste della magistratura che coinvolgono la Lega, al di là e oltre i famigerati 49 milioni, inizino ad essere veramente tanti.

Dall’affaire Savoini alla vicenda che coinvolge l’ex sottosegretario Siri, dal “camici gate” che coinvolge il governatore Fontana ai tre fiscalisti del partito attualmente ai domiciliari, sono troppi gli episodi legati a giri sospetti di denaro e che coinvolgono fedelissimi salviniani per consentire al segretario di proseguire con la strategia delle “spallucce” e la banalizzazione o con il refrain di una magistratura a senso unico. Il calo di consensi anche al nord può essere una spia del fatto che gli elettori leghisti iniziano a volerci vedere più chiaro: già una volta hanno punito il partito – addirittura il suo fondatore Umberto Bossi – facendolo precipitare al 4% a seguito dell’inchiesta “The Family” sui fondi del Carroccio utilizzati per fini personali. Non a caso in questa tornata elettorale, a trionfare è stato Luca Zaia, che nei suoi due precedenti mandati da governatore non è mai stato neppure sfiorato da sospetti di questo tipo.